Raffaele Di Paco: la saetta di Fauglia

Pisano di Fauglia, classe 1908, Raffaele Di Paco, dopo una apprezzabile carriera dilettantistica, passò professionista nel 1928, a vent'anni non ancora compiuti. Si piazzò sedicesimo alla Milano-Sanremo e vinse poi due gare minori pur non essendo accasato. L'anno successivo partecipò al Giro d'Italia come "isolato" e fu ventisettesimo nella classifica finale. A fine stagione ottenne un eccellente terzo posto al Giro di Lombardia. Fu notato dalla Maino che lo tesserò per due stagioni. Nel 1930 fu quarto alla Milano-Sanremo e vinse, al Giro d'Italia, la tappa di Napoli, battendo in volata nientemeno Guerra. Poi si ritirò prima della fine del Giro. Di Paco era un autentico fuoriclasse dello sprint. Aveva estro e fantasia; sapeva "inventare" le volate, ma aveva anche i suoi limiti; hanno sempre raccontato quanto amasse la bella vita, i vestiti eleganti, le belle donne, forse il fumo e qualche bicchierino di troppo per un atleta. Nel 1931, ancora con la maglia grigia dell'alessandrina Maino, portò a termine un anonimo Giro d'Italia in cui colse solo un terzo posto nella tappa di Montecatini. Successivamente sorprese tutti partecipando al Tour dove vinse cinque tappe come l'idolo francese Charles Pelissier, con la sola differenza che, mentre Pelissier si aggiudicò cinque volatone di gruppo, Raffaele, in due tappe andò anche in fuga, battendo poi in volata i malcapitati compagni d'avventura. In Francia divenne un idolo. Nel 1932 passò alla Wolsit, la sottomarca della Legnano, e partì per il Giro con la convinzione di potere fare man bassa di tappe. Gli altri velocisti, che ormai lo temevano moltissimo, si coalizzarono e così, nella Udine-Ferrara e nella Ferrara-Rimini, raccolse solo due secondi posti, superato una volta da Fabio Battesini e l'altra da Learco Guerra. Non poteva certo finire così ed ecco, nella Rimini-Teramo, 286 chilometri, uscire dal cilindro il colpo a sorpresa: andò in fuga solitaria e giunse al traguardo con 3'50" di vantaggio sul gruppo regolato da Battesini e Mara. Due giorni dopo, sul traguardo di Foggia, dove vinse il compagno di squadra Antonio Pesenti al termine della fuga che gli consentirà di vincere il Giro, Di Paco si piazzò secondo, dominando la volata del gruppo. Un paio di giorni dopo si ritirò. Un mese dopo era al via del suo secondo Tour de France. Risultato: quattro vittorie di tappa, due secondi e due terzi posti. Il 1933 ed il 1934 furono gli anni più oscuri della sua carriera. In due anni vinse solo tre circuiti e cambiò tre squadre, Legnano, Olympia e Bianchi. Tutti lo considerarono finito. La sua fama di amante dei piaceri della vita contrastava troppo con le esigenze della vita da atleta. Aveva solo ventisei anni, ma non era finito. Nel 1935, il commendator Umberto Dei, titolare dell'omonima fabbrica di biciclette e grande amante del ciclismo su pista, portò Raffaele Di Paco a vestire la gloriosa maglia nera con fascia bianca più che altro per farne un grande pistard. Ma anche questa volta le sorprese non mancarono. Dal 1935 al 1938 restò alla Dei, con un intermezzo, nel 1937, in cui corse per la Legnano ed aiutò Bartali a vincere il suo secondo Giro d'Italia. In questi quattro anni la "saetta di Fauglia" vinse ben quattordici tappe al Giro d'Italia. Nel 1935 corse il suo ultimo Tour e si impose in due tappe. A Metz vinse in volata e, due giorni dopo, stupì tutti aggiudicandosi la semitappa a cronometro Ginevra-Evian di cinquantotto chilometri davanti a due eccezionali passisti come Antonin Magne e Maurice Archambaud. Qualche giorno dopo si ritirò. Nel 1939 fu ingaggiato dalla francese Michard soprattutto per le gare su pista, perché con lui lo spettacolo era assicurato. Lo scoppio della seconda guerra mondiale trovò Di Paco impegnato nella Sei Giorni di Buenos Aires. Restò in Argentina a caccia di guadagni fino al 1946. Corse quasi esclusivamente su pista, aggiudicandosi due Sei Giorni di Buenos Aires, ma trovò anche il tempo di vincere due corse a tappe, il Giro di Buenos Aires e la Buenos Aires Mar del Plata. Finita la guerra, tornò in Europa e visse a lungo a Parigi dove sposò una francese di origini italiane e divenne titolare di una fabbrica di mobili che dirigeva assieme alla suocera. Con l'avanzare dell'età sentì il richiamo del paesello natìo e tornò a stabilirsi a Fauglia. Di Paco non abbandonò mai la bicicletta. A sessantacinque anni volle prendere parte ad una gara per vecchie glorie a Lione; cadde e si ruppe un femore. Si riprese benissimo e continuò a pedalare sino all'età di ottantacinque anni suonati quando un'altra caduta gli procurò ancora la frattura del femore. Morì a Fauglia nel 1996, quindici giorni prima di compiere ottantotto anni.
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