Rudi Altig

Un corridore signorile, di eccezionali qualità, che ha saputo segnare la sua epoca, nonostante la convivenza con tanti super corridori. Un atleta a cui non è mai mancata una buona dose di generosità, sia verso i compagni e sia verso il pubblico. Gladiatorio in talune circostanze e con una classe sempre pronta a togliere dal cilindro qualche acuto. A sette lustri dal suo ritiro, i suoi echi sono ancora presenti, ed a mio personale giudizio è forse il tedesco più sottovalutato fra i connazionali che finiscono sui taccuini, o di cui si deve parlare nell'opera di divulgazione. Rudi ha saputo riempire il suo palmares con una serie prestigiosa di affermazioni, sui più disparati terreni, mostrando un eclettismo che pochi possono vantare. Fece sensazione quando, nel '59, non ancora ventiduenne partecipò e vinse (battendo in finale l'italiano Valotto), il campionato mondiale nell'inseguimento dilettanti. Nell'occasione, mostrò una maturità ed una conoscenza degli esercizi atti a recuperare energie, rara anche nei più navigati. Era il segno di una volontà di capire, comprendere e sperimentare, con una base di professionalità davvero stucchevole in un ragazzo così giovane. Con questi presupposti, uniti ad una forza, soprattutto nei muscoli lombari, degna di un lottatore, non stupì più di tanto nel divenire, da subito, un professionista di rango e d'evidenza. Ed infatti, fra strada e pista (l'amore che non scordò mai), vinse alla prima stagione da prof (passò con la francese Raphael di Geminiani) la bellezza di undici corse, fra le quali il campionato mondiale dell'inseguimento dove superò lo svizzero Trepp e il nostro Baldini. Fra le sue vittorie su strada, a dimostrazione della considerazione dell'osservatorio, vinse in coppia col grande Roger Riviere, il GP d'Alger, la versione francese del Trofeo Baracchi, anche se di minor prestigio. Nel 1961 rivinse il titolo mondiale nell'inseguimento, sempre ai danni dell'elvetico Trepp e, stavolta, dell'italiano Leandro Faggin. Fra i suoi successi su strada dell'anno, di nota la Ronde d'Aix. Il 1962 segna l'arrivo dell'Altig di cui s'ha più memoria: quello che centrò obiettivi primari correndo a fianco di grandi vedette come Anquetil (nella St. Raphael), Motta (nella Molteni) e Gimondi (nella Salvarani), dei quali è stato, sovente, partner prezioso. Un corridore che segnò un paio di lustri, potrei dire con discrezione, quasi fosse obbligato a farlo per equilibrare la sua possanza atletica. Anche in questo fu un grande. Di Rudi, fratello minore di quel Willy, che si portava spesso nelle formazioni in cui s'accasava e che non lo valeva per nulla, si possono riassumere, con fatica, tante perle. Il "Toro di Mannheim" come veniva definito, fu campione del mondo sul Nurburgring nel '66, al termine di una chiacchieratissima vicenda di rivalità fra Anquetil e Puolidor; fu campione tedesco nel '64 e nel '70. Vinse poi fior di classiche: il Giro delle Fiandre '64, la Milano Sanremo '68, l'Henniger Turm '70, oltre al Gran Premio di Cannes '62, la Genova Nizza '63, il Giro del Piemonte '66, il Giro di Toscana '66, la Milano Vignola '67, la Sassari Cagliari '70, il Gran Premio di Lugano a cronometro e il Trofeo Baracchi '62 (in coppia con Anquetil che trascinò letteralmente al traguardo, poiché il francese non era assolutamente in grado di reggere la sua formidabile cadenza). Allo stesso Anquetil, il possente Altig, inflisse un'inattesa batosta nel Giro di Spagna '62 che "Jacquot" avrebbe dovuto vincere: il "toro di Mannheim" nella tappa a cronometro batté il suo capitano e s'aggiudicò anche la Vuelta. A tappe ha pure vinto la Parigi Lussemburgo '63 e il Giro dell'Andalusia '64. Ma Rudi, fra i tanti successi su strada, non abbandonò mai quella pista che nel passato gli aveva donato tre maglie iridate e, sui velodromi, conquistò il titolo di campione tedesco d'inseguimento ('60-'61), dell'americana ('62, '63, '65), fu campione d'Europa dell'omnium (dal '63 al '66) e dell'americana ('65). Anche come seigiornista fu un super evidente. Nel suo carnet, ci sono 23 Sei Giorni e, tanto per dimostrare che sapeva anche partorire performance di valore assoluto, stabilì i record del chilometro e dei 5 chilometri anche da professionista, dopo che li aveva detenuti come dilettante. Insomma, che dire? Il "Toro di Mannheim", all'anagrafe Rudi Altig, va raccontato ai giovani....perchè è un bel paginone della storia del pedale.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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