Luigi Castelletti

Prima di diventare uno dei migliori gregari degli anni '70, Luigi, era stato un gran bel dilettante. Uno di quelli che per vincere usava il metodo più nobile e difficile, arrivare da solo al traguardo. Lo doveva fare per necessità oltre che per indole, in quanto privo completamente o quasi di sprint. Un aspetto che gli impedì poi, nonostante il buon comportamento complessivo, di vincere fra i professionisti. Forte e coriaceo fra i puri, si mise in evidenza molto presto, al punto di diventare sovente azzurro nelle prove più difficili. Il 1969, fu il suo anno d'oro, quando si laureò dapprima campione italiano e poi, con la maglia tricolore addosso, vinse il Piccolo Giro di Lombardia. Fu proprio questo successo a convincere i dirigenti della Molteni a chiamarlo al professionismo nel 1970, prelevandolo dalla "IAG Gazoldo", squadra che fungeva un po' come da vivaio per l'equipe del Commendator Ambrogio. Con la squadra di Arcore passò due anni e si capì subito che aveva le caratteristiche comportamentali e caratteriali per divenire un grande gregario. Infatti, nel 1972, fu scelto dai dirigenti della Salvarani come compagno di Felice Gimondi. Col grande corridore bergamasco passò poi il resto della sua carriera. Nelle rare occasioni in cui poté fare la sua corsa, soprattutto al Tour de France, Luigi Castelletti diede segni di qualità, ma mostrò quel difettoso sprint che ne ha limitato assai le soddisfazioni. Nella Grande Boucle '72 giunse secondo nella tappa di Bayonne superato in volata dal passista olandese Leo Duydam, mentre nel '77 giunse terzo nella frazione che si chiudeva a Le Penon, superato dai non irresistibili Delepine e De Cauwer. In Italia, giunse secondo nel Giro del Friuli del 1974. Chiuse col ciclismo alla fine del 1977 a soli ventinove anni.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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