Cesare Cipollini

Quando nel ciclismo di una manciata di lustri fa, si poteva passare fra i professionisti solo al compimento dei 21 anni, ottenere una deroga dalla Commissione Tecnica Federale significava davvero avere qualcosa in più. In 15 anni solo due vi riuscirono: Giuseppe Saronni e Cesare Cipollini. Sì, proprio lui, il fratello maggiore di Re Leone.
Cesare, nato a Belfort in Francia, il 16 dicembre 1958, pareva davvero uno nato per correre da principe, eppure alla storia passerà come il fratello dimenticato di un iridato, ma potenzialmente ben pochi lo valevano. Nel 1977, a 19 anni, ancora da compiere fra l'altro, Cipollini vinse una miriade di corse, fra le quali un paio degne di nota: la Firenze Viareggio e il Giro delle Tre Province.
Soprattutto stupiva il numero di variabili che lo potevano portare al successo. Qualcosa di straordinario. Alla fine di quella stagione, ottenuta la deroga dalla FCI, passò professionista in seno alla Magniflex Torpado, ma ben presto si capì che la sua dedizione e concentrazione, non erano pari al suo incredibile talento. Cominciò così ogni anno a cambiare squadra, trovando sempre qualcuno convinto di una sua esplosione prima o poi. E che in lui vi fosse qualcosa di grande, lo si capì il 2 ottobre 1983, quando, finalmente, al Giro dell'Emilia, Cesare, mise la sua ruota davanti a tutte. Nemmeno quella vittoria però, lo svegliò dal suo torpore. Nel 1987 vinse il Prologo del Giro di Mendoza e poi più nulla, fino all'ottobre del 1990, quando mise la bicicletta al chiodo.
Con Cesare mi incontrai spesso a metà degli anni novanta. Trovai una persona cordiale e sorridente, con la quale si poteva parlare ad ampio raggio di ciclismo, ma si capiva che era sempre pronto per i suoi viaggi sul filo del vivere la vita come viene. A suo modo un personaggio straordinario. Di lui ho ben impresse le parole del celebre fratello: "Cesare è un gitano, poteva essere un grande campione ma non lo è stato, per me poteva essere un appoggio. Ma lui interpreta la vita in un modo tutto suo. Ho visto corridori con minori qualità diventare campioni. Forse gli è venuta un po' di frustrazione, ma gli è mancata la voglia di fare sacrifici, di impegnarsi. Mio fratello aveva grandi doti e non le ha sfruttate. E' stato un esempio: nel senso che ho imparato ad impegnarmi per ottenere risultati, altrimenti potevo finire come lui. Solo dopo potevo lasciarmi andare".
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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