Vittorio Adorni, ovvero l'arte della diplomazia

Rivista Tuttobici Numero: 11 Anno: 1999

Vittorio Adorni, ovvero l'arte della diplomazia

di Gino Sala

Non ho mai visto sulle facce dei ciclisti quelle espressioni che si possono notare in altre discipline, per esempio nel calcio, dove certe reazioni sono veramente deprecabili, dove i contendenti danno luogo a brutali reazioni, atteggiamenti feroci come quello di un giocatore cagliaritano di cui mi sfugge il nome che sembrava volesse sbranare l'arbitro, oppure il Ba perugino che ha preso a testate un avversario. Non voglio comunque perdermi in paragoni, ben sapendo che non tutti i pedalatori sono dei santi. Voglio semplicemente citare Vittorio Adorni come esempio da seguire perché è sempre stato un atleta corretto, sensato, un vero signore in ogni sua espressione, vuoi quando negli anni Sessanta-Settanta agiva in gruppo, vuoi oggi nei panni di garbato presidente del Panathlon, prestigioso incarico cui è stato chiamato perché capace di trattare col prossimo, di affrontare qualsiasi problema con ragionevolezza e cognizione di causa.
Vado indietro nel tempo, vado con la memoria ad una tappa del Giro d'Italia che presentava un tracciato sulla carta favorevole ai mezzi di Vittorio.Il lettore abbia la bontà di non chiedermi la data e il luogo di quella gara perché mi costringerebbe ad una lunga ricerca. Nella mia mente sono però rimaste le parole del campione, giunto staccato su quella salita, in settima, ottava posizione, mi pare. Un gruppetto di cronisti voleva sapere e sembrava, per così dire, pendere dalle sue labbra. Ancora prima di portare la bottiglietta alla bocca, Adorni ci disse: «Dalle vostre facce intuisco che siete preoccupati.Non allarmatevi, una giornata balorda può capitare a tutti...».

Chi ha un po' di anni sulle spalle ricorderà anche l'Adorni che militava nella stessa squadra di Merckx (la Faema).Destinato al ruolo di gregario di lusso il parmense, di prezioso consigliere del belga pigliatutto e con quale stile, con quale pazienza, con quale accortezza Vittorio fiancheggiava il capitano...
Classifica finale del Giro d'Italia 1968: primo Eddy Merckx, secondo Adorni a 5'01", terzo Gimondi a 9'05".Nello stesso anno Merckx era il grande pronosticato del campionato mondiale di Imola e l'Adorni in maglia azzurra diventava un rivale. Appunto rifacendomi alla cronaca di quella giornata si evidenzia il modo in cui Vittorio ebbe la possibilità di realizzare un clamoroso trionfo, cioè mettendo a profitto le sue conoscenze, tutto ciò che bolliva nel plotone, le rivalità, i sotterfugi, le possibili intese. Rivalità tra concorrenti dello stesso paese, come quella che vedeva Rik Van Looy tra i nemici di Merckx e appunto occhieggiando a destra e sinistra, fiutando gli umori, Adorni era in compagnia del già citato Van Looy nella fuga che nasceva all'inizio del quarto giro.Fuga nata per intrappolare Eddy, sette uomini all'arrembaggio e un Adorni superlativo, un Adorni che esalta i trecentomila spettatori sparsi sul circuito dei Tre Monti con un allungo imperioso quando mancano 85 chilometri alla conclusione.È una fuga lunga lunga, tale da sembrare un azzardo, ma alla sua intelligenza, alla sua classe, Vittorio unisce un'azione stupenda. Vince, anzi stravince con poco meno di dieci minuti, 9'50" per la precisione, su Van Springel. Una cavalcata travolgente, il capolavoro dell'Adorni corridore.

Adesso l'autore di un'impresa che rimane scritta a caratteri cubitali nella storia del ciclismo ha più di sessant'anni essendo nato il 14 novembre del 1937. Il sorriso e le maniere di comportarsi non sono però cambiate, lo stile è sempre quello, la diplomazia anche e per diplomazia intendo la sua arte, quel saper fare che lo rende simpatico e convincente nel girovagare per il mondo.
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