Italo Zilioli, troppo intelligente per imporsi

Rivista Tuttobici Numero: 12 Anno: 1999

Italo Zilioli, troppo intelligente per imporsi

di Gino Sala

Ottimo scalatore, formidabile discesista, due delle tre doti che hanno accompagnato Italo Zilioli nella sua carriera professionista iniziata nel '62 e conclusa nel '76. La terza dote è quella derivante dalla lealtà nei riguardi dei compagni di squadra, per esempio quel Merckx che ha servito e venerato anche quando non avrebbe dovuto. Ricordo una giornata del Tour in cui Zilioli perse la maglia gialla perché attaccato proprio dal belga che avendo davanti molte tappe per emergere poteva e doveva dimostrare riconoscenza nei riguardi del prezioso alleato. Quella sera andai da Italo con la convinzione di trovarlo amareggiato e indispettito. Invece niente, anzi parole diverse da quelle che mi aspettavo. «Eddy è il numero uno, è un amico che avrà sempre il mio rispetto e la mia ammirazione...».

Capii, in quel momento, che a Zilioli mancava una qualità per farsi decisamente largo nel gruppo dei marpioni. Non era sufficientemente cattivo, o perlomeno era troppo altruista. Un buono che taluni definivano persino un coglione, qualifica irriverente, ma più volte uscita dalla bocca dei tifosi.

Un bel ragazzo, alto e leggero, due gambe che sembravano grissini mentre affrontava le montagne con azioni più delicate che travolgenti perché Italo più che aggredire i tornanti li accarezzava. Composto anche nelle discese maggiormente pericolose, dove molti frenavano e lui si lasciava andare con una perizia che mi è rimasta negli occhi. Mentre scrivo mi viene in mente una strada lastricata di ghiaccio, difficile da governare anche per il mio pilota che in carovana era uno dei migliori. Eravamo nella picchiata su Pescasseroli (tappa della Tirreno-Adriatico) e molti corridori scendevano ripetutamente dalla bici. Al contrario Zilioli raggiungeva il traguardo con uno spettacolare esercizio.
E quella volta del Trofeo Laigueglia, quando andando giù verso Stellanello, la neve bloccava le vetture al seguito mentre Italo volava verso il trionfo con una fuga a dir poco da brividi? Il già citato Merckx, uno degli sconfitti più illustri, andò dal vincitore per dirgli: «Sei pazzo? Volevi morire?».

Ecco, non ho mai compreso perché Zilioli, così timido, così riservato, così modesto nei suoi vari comportamenti, fosse così audace in alcune circostanze.
«Se mi accorgessi di rischiare come voi dite, non lo farei», confidava ai cronisti. Mi chiedo ancora perché il piemontese di Torino non ha mai vinto una grande prova a tappe. I suoi successi sono circa una trentina e alcuni portano il marchio delle classiche, ma in nessuna delle competizioni di lunga resistenza Italo ha centrato il bersaglio. Per tre volte consecutive ha dovuto accontentarsi della seconda moneta ed è stato nei Giri d'Italia del '64, del '65 e del '66. Devo pensare che la dea bendata non gli ha dato una mano nel '64, quando dovette cedere a Jacques Anquetil con un piccolo distacco (1'22"). Già, Giri e Tour si vincono o si perdono per varie cause. Dipende anche dal nome e dalla statura degli avversari.

Persona intelligente, lettore di buoni libri, ciclista filosofo, per certi versi, incapace di menar colpi a destra e a manca nel timore di dispiacere a qualcuno. Circolava la voce che fosse un sonnambulo. Di sicuro prima di addormentarsi mischiava i suoi pensieri con fatti che poco o nulla avevano in comune con le corse. Era ed è rimasto un uomo gentile, elegante, profondo nelle sue osservazioni uno di quei tipi che vorresti sempre incontrare in questo mondo pieno di egoisti e di superficiali.
È stato direttore sportivo con buoni risultati. Non lo è più perché si troverebbe a malpartito nell'ambiente di un ciclismo governato in massima parte da maneggioni e trafficanti.
Caro Italo: anche se nel tuo stato di servizio non ci sono affermazioni roboanti, anche se qualche difetto ti ha impedito di troneggiare, io ti ricordo come uno dei migliori compagni di viaggio e di avventura.
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