Roger De Vlaeminck quanto ci manca un corridore così...

Rivista Tuttobici Numero: 5 Anno: 2002

Roger De Vlaeminck quanto ci manca un corridore così...

di Gino Sala

Non vedo da molti anni Roger De Vlaeminck e mi risulta che soggiorna in America quello che è stato il suo sponsor più generoso e cioé Giorgio Perfetti. Con entrambi, con "monsieur Roubaix" e col patron della Brooklyn, avevo rapporti di amicizia e lasciatemi aggiungere di reciproca stima. C'incontravamo sovente e non soltanto nelle giornate di corsa. Tempi da ricordare per vari motivi, principalmente per i contatti che caratterizzavano l'intera carovana e se oggi non è più così dico semplicemente la verità.

De Vlaeminck lo zingaro, si mormorava nell'ambiente con riferimento alla sua famiglia. Gente povera, il fratello Eric (notissimo ciclocrossista per aver vinto sette titoli mondiali) sovente alle prese con la giustizia, cosa che per Roger era fonte di preoccupazioni, ma limpida, direi meravigliosa è la pagella del campione belga, nato in quel di Ekloo nel '47 e professionista dal '69 all'86. Una presenza ordinata negli atteggiamenti, anzitutto, serio, educato in ogni comportamento, vita da atleta in tutto e per tutto, un istintivo che sapeva cogliere i momenti decisivi delle gare, una carica nervosa che lo aiutava nelle competizioni in linea e lo penalizzava in quelle a tappe dove rimaneva ai vertici per una decina di giorni, non di più, a causa di pensieri che lo tormentavano.
Pensieri riguardanti il già citato fratello, telefonate a casa per niente tranquillizzanti, tali da farlo precipitare in uno stato d'animo deprimente. Ecco il motivo principale per cui il buon Roger non ha mai vinto un Giro d'Italia, perché non è andato oltre il quarto posto ottenuto nell'edizione '75.

Lungo e brillante rimane comunque il suo stato di servizio. Monsieur Roubaix, come dicono i francesi, per aver trionfato quattro volte nella più tormentata delle classiche primaverili ('72-'74-'75-'77), leggero e spavaldo sui sentieri di fango e di pietre, un primato che difficilmente verrà eguagliato. E poi tre Milano-Sanremo ('73-'78-'79), due Giri di Lombardia ('74-'76), sei Tirreno-Adriatico, una Liegi-Bastogne-Liegi, una Freccia Vallone, un Giro delle Fiandre, un Campionato di Zurigo, un Giro della Svizzera, un Giro di Sardegna, eccetera, eccetera a conferma di qualità, di mezzi che lo portavano a primeggiare su ogni tipo di percorso.
La sua prima Sanremo gli ha fruttato una Ferrari. «Se vinci è tua», gli disse Giorgio Perfetti al raduno di partenza. E il ritorno di Roger in Belgio fu al volante della magica vettura. Fu anche un gesto di profonda simpatia da parte di Giorgio Perfetti che univa il talento ciclistico alle qualità umane del ragazzo. E quella sintonia, quell'unione tra il "patron" e i suoi tesserati sono per me il ritorno ad un'epoca in cui lo sport della bicicletta era diverso da quello di oggi, più denso di episodi, di vivacità, di fasi elettrizzanti.

Le Milano-Sanremo di una volta, per esempio, le Sanremo dei De Vlaeminck, dei Merckx, dei Saronni, dei Gimondi avevano contenuti di grande agonismo e se via via siamo giunti a dover aspettare il Poggio, cioé gli ultimi dieci chilometri per assistere a qualcosa d'interessante, se il Turchino, i tre Capi e la Cipressa mostrano un gruppo pressocché compatto, significa che molto è cambiato.
Naturalmente in peggio e per colpa di un ciclismo che calpesta la fantasia, l'ardore del combattimento, le improvvisazioni, il coraggio di ribellarsi a spietati marcamenti.

Queste note su Roger De Vlaeminck, su un pedalatore che pur essendo anche un buon velocista, non era un succhiaruote e tantomeno un attendista, mi fanno riflettere, mi riportano agli anni in cui eravamo circondati dalla semplicità e dalla chiarezza, da una realtà producente.
Non voglio ripetermi, non voglio elencare storture e difetti che a mio parere hanno procurato enormi danni. Vorrei semplicemente trovare un altro Roger De Vlaeminck e non lo trovo...
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