Paolo Bettini: Il Grillo saltava già a 7 anni

Tutto comincia nel lontano 1981, quando Paolo ha 7 anni. Papà Giuliano è presidente del Gruppo Sportivo La California (la località livornese del comune di Bibbona dove il neocampione del mondo ha vissuto fino al giorno in cui ha sposato Monica). E' innamorato pazzo di ciclismo ed è inevitabile per lui trasmettere quella passione ai figli. Lo fa prima con Sauro, il maggiore, la cui carriera avrà però vita breve, perché si ferma tra gli allievi: dopo le scuole medie, non ha più voglia di studiare, così si mette a lavorare per aiutare papà, operaio, e mamma Giuliana, casalinga, ma si accorge presto quanto sia difficile conciliare il lavoro con il ciclismo.
L'anno dopo il testimone passa a Paolo. Sale su una vecchia bici rimessa a nuovo dal padre, che l'aveva trovata in mezzo alla spazzatura e disputa la prima corsa a Marina di Bibbona. Su quella bici color bianco perla, che al sole cambia colore e diventa viola, vince, anche se non taglia per primo il traguardo. Si classifica secondo assoluto, ma primo della sua categoria. La domenica successiva, però, il successo è tutto suo. E da quel giorno ne infila altri 22 in 23 gare: perde solo il campionato toscano, perché sbagliano il conteggio dei giri. E' magrissimo, piccino, ma ha l'argento vivo addosso e in quelle gimkane fa un gran polverone, attacca, vince da solo o in volata, proprio come farà in dieci stagioni da professionista. Lo chiamano già Grillo, perché i suoi scatti sono come salti: sarà il marchio di fabbrica dei suoi trionfi.
Arriva anche la sconfitta. Una volta, a Ponsacco, si inchina a Fabiana Luperini, perché a volte succede, nelle categorie minori, di correre le gare miste: la pisana stacca tutti, compreso Paolino, che chiude al secondo posto. Poi vengono gli anni da allievo e da junior. Non fa sfracelli, così come da dilettante, prima con la maglia della Monsummanese e poi con quella della Grassi-Mapei, dove i suoi compagni si chiamano Pieri, Nocentini e Balducci. Ma alla quarta stagione, ecco il salto di qualità, con 8 vittorie, il tappone del Manghen al Giro Baby e il terzo posto al campionato italiano, che gli valgono il passaggio tra i pro' per l'anno successivo. Poche settimane dopo aver firmato il contratto con la Mg-Technogym di Giancarlo Ferretti, arriva la prima maglia azzurra, per il Mondiale under 23.
A Lugano, il 12 ottobre '96, è grande protagonista nell'edizione più fortunata di sempre per i colori azzurri, con quattro atleti ai primi quattro posti. Alla fine, però, il ragazzo toscano rimane con un po' di amaro in bocca. Lui corre con la consueta generosità e spiana il terreno per lo show azzurro. L'oro va a Giuliano Figueras, lui chiude quarto, alle spalle anche di Roberto Sgambelluri e Gianluca Sironi. Non lo sa ancora, non può immaginarlo e nessuno lo crede, ma quello è, di fatto, il suo trampolino di lancio. Per il debutto tra i pro', Paolino non può capitare in mani migliori, agli ordini di un maestro come Giancarlo Ferretti e alunno di un fior di corridore come Michele Bartoli, che lo prende sotto la sua ala insegnandogli molti trucchi del mestiere.
L'anno dopo, il 9 maggio '98, a Losanna, ecco anche la prima vittoria, in maglia Asics, in una semitappa del Giro di Romandia: volata fra otto corridori, Bettini primo davanti a Baldato. Poi va al Giro d'Italia e il 1° giugno, nella Udine-Asiago, sfiora il successo, battuto allo sprint da Fabiano Fontanelli. Di Bartoli diventa subito il fido scudiero. Lo aiuta a vincere le classiche più importanti. Come nello stesso '98, quando sulla Redoute "mena" a tutta e fa da apripista al secondo trionfo consecutivo del suo capitano alla Liegi-Bastogne-Liegi. Quando lascia il Belgio, dice chiaro a Michele: "Questa è la mia corsa, presto la vincerò anch'io".
Succede prima del previsto, il 16 aprile 2000. Bartoli è al palo per l'infortunio a un ginocchio, così il Grillo non ci pensa due volte a indossare i panni del capitano e a far saltare il banco, mettendo in fila in volata David Etxebarria e Davide Rebellin. Quella perla, cui farà seguito tre mesi dopo il successo a Dax in una tappa del Tour de France, è lo spartiacque della sua carriera: da gregario, Paolino diventa implacabile cacciatore di classiche.
E inevitabile, dopo 5 anni, arriva anche il divorzio da Bartoli, accompagnato da qualche incomprensione, che però non scalfisce la stima che Bettini nutre per l'antico capitano, al quale sempre riconoscerà grandi meriti nella sua maturazione e nella sua trasformazione in campione. Il resto, da Liegi 2000 a Salisburgo 2006, è storia recente. E nota. Paolino conquista tutto, o quasi, quello che un corridore come lui può vincere. Il titolo olimpico ad Atene, un'altra Liegi, una Sanremo, un Lombardia, due volte la Classica di San Sebastian e il Campionato di Zurigo, una Amburgo Cyclassic, tre coppe del Mondo, due campionati italiani, un Giro del Mediterraneo, una Tirreno-Adriatico, un Giro del Lazio, due volte la maglia ciclamino al Giro d'Italia. Mancava solo il Mondiale...

Paolo Marabini

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