Storia di Arnaldo Pambianco

E' stato un corridore di ottimo livello in virtù di una completezza tecnica che gli permetteva di emergere in qualsiasi situazione. Venne soprannominato Gabanein per via della giacchetta corta, di colore bianco, che indossava quando era ragazzo e doveva fare le consegne per il padre macellaio. Per acquistare la prima bici, una vecchia carcassa, metteva da parte code, corna, unghie ed altri parti di scarto delle mucche che suo padre macellava, e le vendeva per poche lire. La prima grande gioia l'assapora a 19 anni quando partecipa ai Giochi Olimpici di Melbourne '56 ed è tra i protagonisti della corsa in linea, vinta da Ercole Baldini, arrivando settimo. L'anno successivo è Campione Italiano dilettanti e ai Mondiali dilettanti di Waregem è protagonista della corsa e ottiene una medaglia d'argento piena di rimpianti. Nel 1958 passa professionista, con Baldini, alla Legnano ed il suo compito è di fargli il gregario. Nonostante le tante affermazioni da dilettante (45 gare vinte), una medaglia d'argento ai mondiali ed altre affermazioni importanti, obbedisce agli ordini di scuderia e il suo contributo per aiutare Baldini nel suo anno d'oro non manca. Il '59 è un'annata da dimenticare: tendiniti a non finire, problemi al ginocchio ed altro. Nel finale di stagione riesce a guadagnare un posto alla Legnano anche per l'anno dopo. Nel '60 le cose cambiano; al Tour da l'anima per aiutare l'amico Gastone Nencini a vincere e nonostante ciò si piazza settimo. Finalmente il 1961; corre con la Fides, una squadra nuova che il patron Borghi ha voluto affidare a lui e le aspettative non sono deluse: nel Giro del Centenario dell'Unità d'Italia Arnaldo da la misura delle sue qualità resistendo coraggiosamente, dopo un avvio sfortunato, fino a conquistare la maglia rosa a Firenze e difendendola, anche dagli attacchi combinati di Anquetil e Van Looy, per otto tappe, compresa la durissima Trento-Bormio in cui sfoggia una significativa sicurezza dopo una violenta offensiva di Van Looy (che guadagnò fino a 8') e sullo Stelvio dove rintuzza lo scatenato Gaul e infligge addirittura un ulteriore distacco ad Anquetil che lo seguiva a non troppa distanza.
L'anno dopo Arnaldo sarà il perno della Salvarani, allorchè Pezzi lo interpella per creare questa nuova formazione. E diventerà il consigliere migliore e forse anche il compagno di squadra più prezioso per Gimondi al Tour del '65.
Nel suo albo da professionista figurarano la Milano-Torino '60, il Giro della Sardegna '63 (grazie al quale la Salvarani ottenne la prima promettente vittoria) e la Freccia del Brabante '64, oltre alla tappa del Giro con arrivo sul Nevegal nel '63, Ancora tra i professionisti da ricordare due piazzamenti prestigiosi: un quinto posto al campionato del mondo del 1962 vinto da Stablinski ed uno sfortunato secondo posto nel campionato italiano (Coppa Bernocchi) nel 1961 alle spalle di Arturo Sabbadin.
Abbandona il ciclismo attivo nel 1966, a trentuno anni. I fratelli Salvarani gli avevano affidato la gestione di tre punti vendita a Forlì, Rimini e Faenza e così preferisce non insistere con le corse. Successivamente sale sull'ammiraglia per qualche anno, come vice di Giancarlo Ferretti, direttore sportivo dell'Ariostea. Dopo questa esperienza diventa amministratore di una azienda che produce salotti ottenendo comunque sempre grosse soddisfazioni.
Articolo inviato da: Paolo Mannini (Firenze)
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