Giovanni Pinarello fu pagato per non fare il Giro

Stava per partire il Giro d'Italia 1952 e Giovanni Pinarello, certo del suo posto e con il numero di gara già assegnatogli in seno alla "Bottecchia", era con gli altri compagni di squadra nell'albergo a Milano per la partenza allorchè, come un fulmine a ciel sereno, i responsabili della squadra gli fecero capire che non c'era più posto per lui. Cos'era successo? Semplicemente che Coppi non gradiva avere nella "Bianchi" il pur valido Pasqualino Fornara, preferendo solo uomini devoti alla sua causa. Fornara, appiedato all'ultimo, trovò qualcuno che riuscì a convincere patron Carnielli a dargli un posto nella "Bottecchia" ed ebbe, appunto, quello di Pinarello. Ci rimase tanto male Giovanni che i Carnielli per ripagarlo gli corrisposero un buon premio di consolazione: centomila lire che il rabbioso "Nani" impiegò per aiutare la famiglia e aprire la bottega: iniziò così un'attività commerciale che con tanto lavoro, tanto spirito di sacrificio, idee buone, l'ha portato a essere un nome mondiale nel settore della produzione e a salire, con le sue bici, sul podio di Giro, Tour, Olimpiadi e Mondiali. Per uno nato e cresciuto povero, abituato a litigare con gli altri 11 fratelli per un pezzo di polenta, con quella passione feroce per il ciclismo che gli faceva amare la vita di gregario che pure era una vitaccia, è stata una grande fortuna. Poi la famiglia, la moglie Ida sposata a 37 anni, i figli Carla, Fausto (in onore di Coppi) e l'ultimo Andrea (che si doveva chiamare Gino, ma siccome Bartali non era ancora morto ha preso il nome del figlio di Ginettaccio). Come gli scrisse Gino Bartali in una dedica, fu maglia nera nel ciclismo ma rosa nella vita.
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