Paolo Valoti: il mio autunno caldo

Valoti: il mio autunno caldo

di Valerio Zeccato

Basta vincere la Coppa Agostoni e la Coppa Placci, due delle più importanti classiche nazionali, per continuare a pigiare i pedali nel ciclismo professionistico? In teoria sì, in pratica invece...
È questa la realtà un po' amara di Paolo Valoti, bergamasco purosangue nato ad Alzano Lombardo il 19 aprile del 1971, residente a Nembro in Val Seriana, approdato alla Lpr dopo un autunno travagliato a causa del "team fantasma" di Giancarlo Ferretti.
«Quando ero giovane, a fine anno prima di rinnovare il contratto, mi dicevano che avevo fatto un buon lavoro per la squadra però non avevo vinto; ora che ho trentaquattro anni e ho assaporato due volte il gusto della vittoria in corse di grande levatura, beh mi dicono che sono un po' vecchio...».
Paolino si sforza di sorridere ma le sue parole sono cariche di amarezza. Come dargli torto? Dieci anni di professionismo sulle spalle (in realtà per via della lunga sequenza di incidenti ne ha in pratica disputati solo sette), dieci anni di grande affidabilità al servizio della squadra, dieci anni in cui non sono mancati gli acuti come nel 2001 quando vinse la tappa di Darfo Boario della Settimana Lombarda (l'edizione che vide i primi bagliori di Alessandro Petacchi) o la Coppa Bernocchi. Dieci anni che, nonostante i recenti successi che lo hanno portato addirittura vicino alla maglia azzurra, sono stati ad un passo dal venir cancellati dalla carta d'identità ingiallita.
«Alla Domina Vacanze con l'arrivo di Petacchi e del suo treno e poi anche di Zabel non c'era più posto per me - confida Valoti che è sposato con Loredana e ha due figli, Andrea e Giorgia -: io ho ancora tanta voglia di correre e i risultati di quest'anno mi danno ragione. Mi sento ancora giovane, sarà perché ho perso diversi anni per via degli infortuni, ma ho una gran voglia di allenarmi e correre. Forse è dovuto al fatto che ho provato a lavorare come falegname nell'azienda che fu di mio padre Enrico e che ora porta avanti mio fratello Giovanni (ex corridore ndr), e allora dico, senza nessuna offesa per quel mestiere, che è molto meglio fare il ciclista».
Parole sante. Dopo una strepitosa Coppa Agostoni vinta a metà agosto, alla Coppa Placci ecco un altro acuto di Paolino, stavolta in volata davanti a gente come Kirchen, Khalilov e Bennati. Una grande affermazione e una ancora più grande rivincita: giusto un anno prima alla Placci, a causa di un violento impatto con una macchina parcheggiata a bordo strada, Valoti si procurò numerose fratture ed ebbe 150 punti di sutura sul torace. Roba da far invidia al fratello Aladino che ha avuto una più che discreta carriera nel calcio professionistico e ora è team manager dell'AlbinoLeffe in serie B.
«Sì, è vero ho più punti io di mio fratello - conferma sorridendo Paolino -. È meglio riderci su perché in carriera ne ho avuti di problemi per le cadute: ho rotto il bacino nel 1996, il ginocchio nel '97 e altri piccoli guai che mi hanno costretto a lunghe soste».
Dotato di una buona resistenza alla fatica e di un discreto spunto veloce, Valoti deve le sue vittorie alle doti di finisseur, come amava citare l'indimenticabile Adriano De Zan. Un uomo dalla stoccata vincente che il più delle volte è letale.
«Bisogna saper rischiare, bisogna osare. A volte ti va male e perdi anche il piazzamento che in qualche modo serve a te e alla squadra, ma altre volte ti va bene e cogli quella vittoria che può cambiarti la vita. Bisogna avere nelle gambe la sparata di un chilometro o poco meno nel quale devi andare a tutta, in apnea o quasi, ma diventa sempre più difficile con le velocità folli degli ultimi chilometri. C'è troppo lavoro di squadra nel finale di gara, ci sono troppi treni dei velocisti ed è difficile riuscire a stare davanti».
Dopo un autunno tormentato, il bergamasco ha trovato l'accordo con la Lpr di Omar Piscina, una squadra seria nella quale Valoti potrà esprimersi liberamente. Dopo il no della Domina Vacanze e il flop della Sony Ericsson di Ferretti, Valoti ha vissuto una doppia amarezza che mai avrebbe immaginato di dover provare.
«Per me era un sogno che si realizzava. Una grande squadra, con un team manager del calibro di Ferretti. Avevo già firmato il contratto con la Silver Team e addirittura avevamo già preso le misure di bici e vestiario. Quando ho saputo che era tutto saltato non ci volevo credere, ho sperato che non fosse vero, non potevo credere che una cosa così seria finisse nel nulla. Invece è andata così e se devo essere sincero ci sono rimasto ancora più male perché Ferretti non mi ha fatto nemmeno una telefonata. Ho dovuto chiamarlo io e solo allora, dalle sue parole, ho capito che era veramente finita».
Ma come sei arrivato alla Lpr?
«Il mio procuratore Alex Carera mi ha prospettato diverse opportunità, io ho scelto la Lpr perché la società mi è sembrata subito seria e sin dal primo contatto con Piscina ho avuto buone impressioni. È un team emergente di una tra le migliori realtà del ciclismo internazionale».
Avrai sicuramente più spazio e libertà di movimento rispetto allo scorso anno. E la cosa non ti dà certo fastidio.
«Sicuramente alla Lpr avrò più opportunità: loro cercavano un corridore in grado di vincere nella seconda parte inoltrata della stagione e io mi esprimo al massimo proprio in estate, quando fa caldo. Farò di tutto per ripetere il 2005 e mi piacerebbe tantissimo andare forte al Giro di Lombardia. Quest'anno sono arrivato alla classica di chiusura con le pile scariche, ma ho capito che se stacco un attimo prima e mi preparo posso far bene sulle strade lombarde, anzi ne sono proprio sicuro».
E poi Paolino potrebbe trovare un validissimo alleato per la prossima stagione.
«Per quello che è successo ho accumulato troppa amarezza. Ho un bel po' di rabbia addosso e se riesco a sfogarla sui pedali sarà dura per tutti...».
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