Domenico De Lillo

Nato a Milano il 30 luglio 1937. Passista - pistard stayer. Professionista dal 1962 al 1973, su strada non ha ottenuto vittorie, su pista oltre cinquanta.
Il padre di Domenico, grande appassionato di ciclismo, si portava il figlioletto ancora in tenera età a vedere le gare sul mitico Vigorelli. Ed il bimbo non tardò ad irrorare i suoi sogni, con le gesta degli atleti che vedeva, fino al volere fortemente emularli. Divenne dunque ciclista quasi subito, in particolare su pista, ed altrettanto in particolare, sulla più fascinosa delle discipline dei velodromi, ovvero quel mezzofondo dietro motori, che avrebbe dovuto fare ben altra fine, rispetto a quella che le ha imposto la pessima UCI. Ma in Domenico De Lillo, la passione è arrivata completa al punto di disegnargli nel cuore un impegno a trecentosessanta gradi, fatto di tutti i ruoli possibili nel pedale, da atleta ad allenatore, da direttore sportivo a quell'insegnante con le tinte da dirigente, purtroppo l'unico contesto rimasto solo al potenziale.
Divenuto corridore, il giovane milanese si dedicò anima e corpo al mezzofondo, facendo presto ad emergere come un campione. Nel 1958 fini 2° dietro Renato Longo ai Campionati Italiani. E Tricolore lo divenne per la prima volta l'anno seguente, confermandosi anche nel 1960 e nel '61. Al professionismo arrivò nel 1962, piazzandosi subito al posto d'onore, dietro il grande Pizzali, ai Tricolori. Fu poi molto bravo ai Mondiali del Vigorelli, quando si guadagnò la finale dove si piazzò 7°. Nel 1963 ad anticiparlo agli Italiani fu l'olimpionico Domenicali, mentre l'anno successivo, ancora un 2° posto, stavolta dietro Pellegrini. Il primo Tricolore lo conquistò nel 1965, e lì apri una striscia di vittorie agli Italiani continuando a fregiarsi del Titolo fino al 1971, con la sola eccezione del 1968, quando fu anticipato ancora da Pellegrini. In quel lasso, si elevò al gotha mondiale degli stayer, con tre terzi posti nelle Rassegne Iridate nel 1967, '69 e '71. Sempre nella stagione '71, sulla pista di Bassano del Grappa, stabilì i Record Mondiali dell'Ora dietro motori con 73.832 metri e dei 100 km: coperti in 1h21'02". Nel 1972 e nel 1973 si fregiò dei Titoli Italiani indoor. A fine '73, chiuse col ciclismo agonistico, ma non abbandonò l'ambiente del mezzofondo e del ciclismo, passando dall'altra parte degli stayer, ovvero quella degli allenatori. Aveva avuto un grande maestro nel belga Meulemann, ed aveva imparato anche quei trucchi che in una disciplina come quella degli stayer, sono sempre stati fondamentali. Così, nel 1977, nel nuovo ruolo, arrivò terzo ai Mondiali, guidando il professionista Pietro Algeri e, nel 1983, sempre tra i professionisti, con Bruno Vicino, salì sul gradino più alto del podio iridato. Aveva dunque superato sul motore, i risultati iridati come corridore. E nel 1985, divenne l'incontrastato numero uno mondiale, rivincendo l'iride professionisti con Vicino e quello dei dilettanti con Roberto Dotti. Nel 1986, trionfò nuovamente con Vicino. Dopo quattro mondiali, gli svizzeri che lo volevano tutto loro, visto che si era sposato con una elvetica, ed abitava in terra rossocrociata, De Lillo, senza abbandonare il tricolore, passò ad un altro ruolo, accettando la proposta di Moreno Argentin, col quale era molto amico, di diventare il direttore sportivo di una squadra che, nel tempo, diverrà epocale: la Gewiss-Bianchi. Le qualità di Domenico nel ruolo, erano conosciute da Argentin, che era stato guidato dal milanese, negli intervalli lasciati dal mezzofondo, seguiva come direttore sportivo la dilettantistica Nuova Baggio San Siro: sodalizio che aveva proprio in Moreno l'elemento di punta. Bene, quel che la Gewiss.Bianchi fece, lo sanno tutti, ma dopo quella parentesi che fece il bravo De Lillo? Bèh è sempre stato e lo è tuttora, ad oltre ottanta anni, un riferimento che chi scrive ha a lungo sperato si tramutasse in un ruolo dirigenziale nella claudicante FCI.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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