Adriano Amici

Nato a Bologna il 15 gennaio 1943. Passista veloce, alto m. 1,68 per kg. 65. Professionista dal 1969 al 1972, con 2 vittorie.
Nelle categorie prettamente giovanili si mostrò promettente, fu 3° nel Campionato Italiano esordienti nel 1959, ma da dilettante, nelle gare non particolarmente aspre, divenne un vincente, potremmo dire per antonomasia, perlomeno in Emilia Romagna. Un artigiano del pedale, non solo perché figlio di un padre meccanico con tanto di bottega di riparazione e vendita di biciclette, ma perché, indipendentemente dai sodalizi, si sapeva gestire completamente da solo, dimostrando qualità oltre il pedale spinto, dove era gran velocista. Ad esempio, sapeva gestirsi monetizzando al massimo possibile, la permanenza fra gli atleti del mondo del "cavallo d'acciaio", indipendentemente da quello status di dilettanti che, sovente, per non dire sempre, nell'intero sport, è stata una delle più gigantesche ipocrisie. Già, perché era possibile che i dilettanti, trovassero il modo di monetizzare, talvolta anche più dei professionisti. Di sicuro, eticamente, erano professionisti nel senso che allenamenti o gare impegnavano più di eventuali lavori d'altro genere. E le gare dilettantistiche di quei tempi sapevano fornire premi ricchi in moneta e natura, superiori a quelli di oggi. Adriano Amici, intelligente, capì presto quelle realtà, ed invece di sudare ulteriormente alla ricerca di un contratto professionistico, pensò soprattutto a vincere e rendere quel segmento, il più redditizio possibile. Morale, fra i cosiddetti "puri", i frutti delle sue sessanta vittorie e degli ancor più numerosi piazzamenti, gli fruttarono i soldi, con tanto di avanzo, per acquistare un appartamento. Agonisticamente, fra i successi ottenuti, a stragrande maggioranza in circuiti, spiccano il Trofeo Comune di Lignana nel '63, quando correva per la prestigiosa Nicolò Biondo di Carpi, ed un paio di tappe al Giro del Piemonte, nel '67 e '68.
Nel 1969, già ventiseienne passò professionista con l'Eliolona, una squadra che Alceo Moretti aveva allestito per dare opportunità a dilettanti "attempati ed esperti", a corridori prof con difficoltà a trovare ingaggi, nonché ad un vecchio grande come lo spagnolo Julio Jimenez. La stagione d'esordio di Amici però, fu amara: diversi acciacchi e non tante corse, piazzamenti pochissimi ed a fine anno rischio notevole di rimanere senza ingaggio, visto il ritiro dell'Eliolona. Riuscì comunque ad accasarsi per il '70 alla Cosatto Marsicano di Vito Taccone capitano, con Diego Ronchini sull'ammiraglia e la musica un poco cambiò: iniziò a piazzarsi anche se in posizioni di retroguardia e partecipò al Giro d'Italia, ma dopo tre giorni si ritirò. Amici, non avendo mai imparato a fare il gregario, per giunta ostacolato dalle sue caratteristiche tecniche, doveva per forza sfruttare qualche occasione di piazzamento, altrimenti il rischio di disoccupazione sarebbe divenuto enorme. Fu comunque confermato in Cosatto anche per il '71 e nella seconda stagione nel team di Ronchini, qualche segno lo lasciò. Vinse le tipo-pista di Vollorba e di Casalecchio di Reno e chiuse secondo a 30" da Poggiali la Coppa Sabatini. Fu poi 12° alla Milano Vignola, ed ottenne altri piazzamenti discreti. A fine anno però, la Cosatto chiuse e per Amici non restò altro che provare a partecipare alle corse d'inizio stagione, sperando in un ingaggio di qualche mese. Sostenuto dalla Giordani un'azienda bolognese già sponsor qualche anno prima della Gris 2000, seguì quella strada ma non ottenne nulla, ed a fine '72 si mise a lavorare col padre nell'azienda di famiglia. Successivamente seguì il suo sogno di divenire organizzatore di gare ciclistiche fino a diventare, dopo la RCS, il secondo polo italiano nell'ambito delle proposte agonistiche per professionisti. Ha rilanciato in primis il Giro dell'Emilia e l'ha contornato di una miriade di bellissime manifestazioni. In poche parole, Adriano Amici s'è elevato a fulcro funzionale e peculiare del ciclismo italiano. Chapeau!
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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