Orfeo Falsiroli

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Orfeo Falsiroli, Alfeo all'anagrafe, classe 1922 è il maggiore dei tre figli di Giovanni e Imelda Cordioli a lui seguiranno Silvio e d Elsa. Con la sua famiglia Orfeo si trasferisce nel 1930 in Belgio, dove il padre ha trovato lavoro, e lì finisce le elementari e le medie ed incomincia a pedalare. Mostra da subito le sue grandi capacità di stile, forza e resistenza e la sua caratteristica principale, la capacità di andare forte e con regolarità sia in salita che in discesa e su qualsiasi fondo di strada. A detta di chi con lui ha corso, aveva la straordinaria capacità "de no tocar mai i freni" Negli anni della guerra è già una promessa ed i suoi risultati in gara, un 2° posto nel GP di Villers un 3° al Gp di Borles e un 12° alla Freccia Vallona gli evitano la chiamata alle armi. E tuttavia l'8 settembre, mentre si trova a Milano per una gara, i tedeschi lo arrestano. A nulla vale né il doppio passaporto né il fatto di essere un atleta. Assieme ad altre centinaia di giovani viene caricato su un treno diretto ad un campo di concentramento in Polonia. A quel campo Orfeo non ci arriverà mai. Durante una sosta in una stazione d'oltralpe riesce a scappare e grazie anche alla sua perfetta conoscenza del francese riesce a raggiungere e trovare rifugio presso la famiglia in Belgio. Finita la guerra Orfeo torna a correre in Italia. Dapprima a Milano e poi a Verona, inizia come da dilettante ma passa quasi subito professionista "indipendente" come venivano chiamati allora i corridori non di primo piano. Dal 1946 al 1951 corre con i campionissimi Gino Bartali e Fausto Coppi. Gareggia con le maglie della Ciclo Lombardo, della Lyge e della Bottecchia portando sempre il proprio prezioso e infaticabile contributo alla squadra togliendosi anche la soddisfazione di vincere diverse gare tra le quali, nel '46, la Astico-Brenta, proprio davanti al compaesano e amico Arnaldo Faccioli, (la sua è una delle prossime storie). Orfeo è di poche parole ed è straordinariamente riservato tanto che si viene a sapere che corre nella squadra del grande Ercole Baldini quasi per caso. Accade appunto un giorno che un'auto si ferma " su la curva del castel" a fare benzina al distributore di "Baeto". Ne scende un signore distinto che dopo aver saldato il conto chiede dove abita il suo ex compagno di squadra Orfeo Falsiroli. E come sempre accade alle persone famose qualcuno lo riconosce, è proprio lui il campione del mondo su strada, il detentore del record dell'ora ed il vincitore di un giro d'Italia Ercole Baldini in persona. In un lampo la notizia si diffonde, si forma subito un capannello di curiosi ma Ercole ottenuta l'informazione richiesta saluta e se ne va. Dalla foto, scattata nel 1947 al giro della Lombardia, Orfeo arriva 9° posto, e che "fissa" il suo sforzo mentre affronta una salita, ben si può comprendere come in quegli anni correre in bicicletta fosse veramente duro. Le strade erano bianche (in terra battuta) e piene di buche e nella stessa gara si poteva passare dalla polvere che toglieva il respiro al fango che spezzava le gambe per non parlare delle pozzanghere che potevano nascondere insidie anche fatali. Le biciclette poi erano di ferro e pesavano "l'ira di dio" e l'assistenza in gara addirittura inesistente. I corridori portavano la "camaradaria" di riserva a tracolla e chi forava doveva cambiarsela da solo. Anche i rifornimenti in corsa erano una cosa "di là da venire" ogn'uno si portava da casa qualche un panino e una borraccia d'acqua. Durante le gare non era raro vedere i corridori fermarsi a bere ad una fontana. Negli anni del primo dopoguerra anche la mamma di Orfeo, rimasta vedova, torna in Villafranca. La Imelda con i risparmi faticosamente messi da parte in Belgio prende in affitto in via Stazione (oggi corso Garibaldi) lo stabile adiacente il palazzo di "Megodo" (dove tuttora vi è il bar Tre Corone) e vi apre una locanda con alloggio. Orfeo tra una gara e l'altra contribuisce al reddito di famiglia vendendo dolciumi a bar e botteghe, lavoro che una volta ritiratosi dall'attività agonistica diventerà la sua professione. In Villafranca conosce e si innamora di Gina Carlesso che sposa nel 1955 (Regina in realtà ma ormai siamo abituati a scoprire che in paese sono molti quelli che non firmano con il nome con il quale sono conosciuti, io stesso firmo Luciano). La loro unione sarà allietata dalla nascita di Gianni e Susanna. In quegli anni Orfeo apprezza ed incoraggia al ciclismo un giovane paesano di grande talento e destinato a diventare il nostro supercampione, Sante Gaiardoni ed agli inizi lo accompagna anche a Milano per un provino. Poteva Orfeo "appendere al chiodo" definitivamente quella bicicletta a cui molto aveva dato ma dalla quale aveva anche tanto ricevuto? Per diverso tempo è sembrato di sì. Dopo quasi vent'anni però, complice la straordinaria diffusione della pratica del ciclismo, eccolo di nuovo in sella. Orfeo si tessera nella categoria amatori e partecipa a gare nazionali e internazionali portando ancora una volta alla sua squadra il suo straordinario contributo di "passista". Di quel periodo tra l'altro si conserva ancora il ricordo del suo memorabile gesto. Su un tandem si carica dietro un ipovedente e lo porta in pellegrinaggio a Lourdes. Da Villafranca andata e ritorno. Negli '80 poi è anche tra i promotori, con il dott. Luigi Valentini ed il dott. Sergio Carlini, della costituzione della Società Ciclistica Ferramenta Villafranca presieduta e "sponsorizzata" dal sig. Giuseppe Rinaldi, titolare dell'omonima azienda. Orfeo ha continuato a pedalare fino a che la salute glielo ha consentito e voglio concludere con le sue parole tratte da un'intervista rilasciata anni fa ad un giornale "inforcare la bici vuol dire sapere di dovere fare tanti sacrifici per portarla al traguardo ma anche soddisfare una passione grande". L'era la "Vilafranca de 'na olta" quando le notizie si ascoltavano alla radio ed ogn'uno poi al bar le commentava a secondo del proprio tifo (in fondo sotto questo aspetto non è che le cose siano cambiate di molto solo che allora almeno i fatti li avevano solo sentiti in radiocronaca) ed un celebrato campione del mondo rischiava di far benzina senza essere riconosciuto.
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