Giampaolo Flamini

Nato a Forlì il 13 settembre 1946. Passista scalatore. Professionista dal settembre 1973 al 1975, senza vittorie. Un corridore che mi è caro, per quei ricordi di fanciullezza che sanno incidere nella vita d'ognuno. Avevo poco più di tredici anni, quando a casa mia per salutare mio fratello Lorenzo, ciclista di famiglia, giunsero Aviero Casalboni, un vocabolario del ciclismo, il più giovane meccanico di squadre professionistiche Edoardo Fucacci detto "Ciarè", personaggio incredibile, ed un dilettante molto forte, grande speranza romagnola, allora nelle file del Pedale Ravennate, Giampaolo Flamini appunto. Costui conquistò inevitabilmente il mio tifo e devo dire che mi ha gratificato, anche se al ciclismo che conta, quello professionistico per intenderci vi arrivò spento. È un vecchio discorso, che ho ripreso più volte nei miei scritti e che non mi stancherò mai di ripetere ai giovani, così come è giusto evidenziare che, fino agli inizi degli anni '80, i dilettanti erano mediamente assai più forti di quelli di oggi: emergere era difficile e passare fra i prof un'impresa ulteriore. Giampaolo, di Villanova di Forlì, era già stato avviato dai genitori contadini a fare l'apprendista in una fabbrica di tappezzeria, quando i richiami dell'idolo e vicino di casa Ercole Baldini lo portarono al ciclismo. Era l'anno 1962. Iniziò fra gli allievi con la "Taverna Verde" di Forlì e raccolse nella categoria 8 successi, poi passò fra i dilettanti alla "Germanvox di Errano", indi nel biennio '68-'69 corse per il "Pedale Ravennate" e, nel '70, per la "Leoni" di Meldola. Dal 1971 al 1973, difese i colori della "Libertas-PIRA" ('71) e poi della "Siapa", un supersquadrone, nel 1972-'73. Da dilettante furono 43 le vittorie con grandi classiche all'attivo come il "Minardi", il "De Gasperi", il "Bianchin", fu sei volte azzurro fra Mondiali, Tour de l'Avenir, "Corsa della Pace". Vestì per tre giorni la Maglia Rosa al Giro Baby '71, finì 3° in quello del '72, indossò la Maglia Gialla e la "Verde" al Tour de l'Avenir '73, che fu senza dubbio la corsa in cui spese tantissime energie per difendere fino al traguardo vincente la "Gialla di Gibì Baronchelli, menomato da una caduta che gli aveva compromesso il ginocchio. Già, il '73, dove Flamini che da anni era fra i primissimi nella classifiche di rendimento, vinse il Trofeo Stadio, che, di queste, era la quintessenza. A settembre di quell'anno, con 27 primavere alle spalle, troppo, passò prof con la Bianchi-Piaggio di Gimondi, ma, come detto, era spento da anni di battaglie sempre in prima linea. Partì benino: nel febbraio '74 fu 26° nel "Laigueglia" indi il 3 marzo fu 9° nel GP di Faenza e nove giorni dopo 26° alla "Sanremo", poi scomparve dalle zone dei piazzamenti. Oddio sapeva fare il gregario, ma l'ambiente in Bianchi, non gli piaceva e decise di smettere anzitempo. In altre parole, fu bravo anche lì: meglio andare a lavorare, piuttosto che prolungare una carriera che non aveva più pagine per il vero Giampaolo. All'osservatorio resta il rammarico nel non averlo visto al meglio fra i professionisti.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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