Luigi Lucotti

Nato il 18 dicembre 1893 a Voghera ed ivi deceduto il 21 dicembre 1980. Completo. Professionista dal 1913 al 1926 con 7 vittorie.
Era un corridore che avrebbe potuto ottenere di più, perlomeno in Italia, se il suo bisogno di guadagnare di più, per vivere la convivenza con lo sport della bicicletta, non gli avesse imposto continui trasferimenti all'estero, in particolare la Francia. A ciò va aggiunta quella Guerra che gli tolse la possibilità di farsi maggiormente conoscere nella penisola italiana e, di conseguenza, essere più generosamente ingaggiato. Anche perché, Luigi Lucotti, che fu un gran corridore, tra l'altro sempre tra i primi, aveva la sfortuna, chissà perché, di passare sovente inosservato. Si pensi, anni dopo, persino agli storici....
Nel 1913, a vent'anni, era già un bel ciclista accasato alla Maino: uno che in stagione vinse la Coppa SC Milano, fu 3° nella Coppa Toscanelli, 4° nella Granfondo e nella Milano-Modena, 6° nel Campionato Italiano e 7° nel Giro di Lombardia. Insomma, un ruolino che avrebbe dovuto essere maggiormente considerato nei pochi media del tempo. Eppure, per molti, la prima apparizione di Lucotti sulle scene ciclistiche, avvenne in occasione del suo esordio al Giro d'Italia, nel 1914.
Qui, finì terzo in classifica e s'impose nella frazione di L'Aquila, oltre che piazzarsi in diverse tappe. Di nota, il fatto che fu il Giro più massacrante della storia: su 81 partenti solo 8 lo conclusero! Nell'anno Lucotti vinse anche il Giro delle Tre Province e fu 2° al Campionato Italiano battuto allo sprint da Girardengo. Nel 1915, con ovvia pochissima attività, fu 2° alla Milano-Sanremo e 6° alla Milano-Torino. Anche nelle poche gare del 1917, il vogherese continuò a mantenere alto il regime dei suoi piazzamenti. Partecipò a sei corse, ed anche se non vinse, nelle medesime non arrivò mai oltre il 5° posto.
L''anno seguente, fu al via in due manifestazioni: in una contribuì alla vittoria della Bianchi, la sua squadra, nella Torino-Arquata, indi fu 5° nella Milano-Modena. Alla vigilia della prima vera stagione non mozzata dalla Guerra, ovvero il 1919, Lucotti si trovò, per necessità, a dover fare delle valutazioni circa il proprio rapporto col ciclismo. In Italia, uno come lui, avrebbe potuto diventare qualcuno, ma allora in patria i ciclisti italiani, ricevevano dei compensi da fame. Bisognava avere la costanza e la forza che contraddistinse i Ganna, i Galetti ed i Pavesi, per poter sfondare, in un mondo dalla mentalità ristretta e dalla pochezza finanziaria evidente. Pertanto, diversi corridori italiani, e fra loro Luigi Lucotti, che desideravano guadagnare qualcosa di più, tentarono nel dopoguerra la grande avventura in terra di Francia, dove, in caso di vittoria, il compenso era sostanzioso e permetteva allenamenti e vita decente. Così fece Bottecchia, così fecero altri e, come detto, pure il vogherese, che si presentò al via del Tour del 1919, per giocarsi le carte dell'agonismo, ma pure del portamonete. Prima aveva corso il Giro d'Italia, solo per qualche piazzamento (un 2° un 4° e un 7° di frazione) ed un ritiro che già allora diede l'impressione del programmato. Per quella edizione della Grande Boucle, la prima del dopoguerra, Desgrange aveva voluto riprendere il discorso là dove l'aveva lasciato 5 anni prima. Una corsa di 5.558 km. in 15 tappe. A Lucotti, andò senz'altro bene: due vittorie di tappa, a Strasburgo e a Metz, arricchite da quattro secondi posti in altre frazioni, ed un ottimo 7° posto in classifica generale finale, furono il suo lusinghiero bilancio. Dopo un 1920 dove non corse, si ripresentò nel 1921 ancora al Tour de France, stavolta dopo aver corso pochissimo in Italia (solo la Sanremo, 7°). Buonissimo fu anche stavolta il suo ruolino: una vittoria di tappa a Tolone, tre secondi posti ed un terzo in altre frazioni, ed il 4° posto finale a Parigi. Ma i Tour de France di allora stroncavano, e la fatica prostrò Lucotti. Il suo declino fu molto veloce: poche corse, ancora qualche piazzamento, ma solo nella tappa Roma-Napoli del Giro d'Italia '23 (chiuso 25°), dove finì 2°, s'ebbe modo di parlare ancora di lui come protagonista. Ormai aveva dato al ciclismo tutto di se stesso e nessuno poteva chiedergli di più. La sua carriera si chiuse, di fatto, la mattina del 27 giugno 1925, quando non partì per la quarta tappa del Tour, la corsa a lui cara, alla quale partecipava per la terza volta.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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