Lavagnini Michele: articolo agosto 2012 Bresciaoggi

Allora arrivava con le mani alzate, gli altri dietro, davanti solo i sogni che si facevano sempre più grandi. Adesso il momento peggiore è la mattina, quando il risveglio è un punto di domanda e i sogni sono ampiamente riposti nel cassetto. E' tempo di incubi. E' il tempo della disoccupazione, iniziata due anni fa, come una sfida, obbligatoria, che sembrava potersi vincere. Come un altro traguardo da poter tagliare, non per gli applausi di chi lo attendeva anche sotto la pioggia, ma per sopravvivere. Invece Michele Lavagnini, di Leno, 30 successi da ciclista dilettante è ancora alla ricerca di un lavoro e ha deciso di raccontare la sua storia a Bresciaoggi. Un po' perché non nasconde che possa scapparci una chanche, un po' perché ritiene che si debba sapere cosa si prova a 43 anni senza un lavoro. «Per 15 anni sono stato autista in un'azienda tessile della Bassa bresciana. Poi lo stabilimento ha chiuso. Non avrei mai pensato potesse succedere, ero convinto che con quell'azienda sarei andato in pensione», racconta. Michele Lavagnini è rimasto nell'azienda fino a quando ha potuto, convinto che qualcosa sarebbe spuntato. Invece nulla. «Va detto che in questi anni hanno inciso negativamente sulla mia situazione, almeno due fattori: il primo è la crisi. che ha avuto e sta avendo tempi più lunghi del previsto. Il secondo è l'età che nel mio caso è penalizzante», sottolinea. Michele Lavagnini sente di avere la coscienza a posto, di non aver atteso fino all'ultimo, nel ciclismo, per buttarsi alla ricerca di una professione. «Quando ho smesso con la bici - ricorda - avevo 24 anni e presi la decisione perché mi ero sposato da poco e ritenevo, che un lavoro "normale" potesse salvare il matrimonio. Forse da questo punto di vista bisogna capire cosa significhi essere un ciclista dilettante. Vuol dire impegnarsi in allenamenti lungo percorsi che, quotidianamente, oscillano tra i 100 e i 220 chilometri. Allora i controlli antidoping erano praticati molto meno rispetto a ora. Io sono sempre rimasto pulito, non ho mai fatto uso di alcuna sostanza, grazie anche ai consigli che mi dava mio padre. Altri invece....... Ricordo anche gli stipendi di allora: negli ultimi anni si prendevano 900 mila lire al mese. Meglio se non penso a come va adesso con una "mobilità" di 800 euro, destinati a calare». Ma quelli erano, appunto gli anni dei sogni, con la nazionale juniores a un passo per il dilettante di Leno. Erano le domeniche in cui pedalava in competizioni con Enrico Zaina e Stefano Faustini che sarebbero poi approdati al professionismo. Da allora, anni luce e ritagli di giornale ingialliti, qualche foto che mostra insieme ad emozione, orgoglio. Amarezza. Già, perché Michele Lavagnini, quando due anni fa si è trovato a dover cercare un lavoro, un pensiero alle aziende che bazzicano nel mondo del ciclismo l'ha fatto. Un mondo in cui le sponsorizzazioni non mancano. «Il risultato? Nulla - si rammarica -. Allora sembravano farsi in quattro per poter contare sulle tue prestazioni. Oggi al massimo c'è gentilezza». Come si vive da disoccupati a 43 anni in una provincia che è stata ricca come quella di Brescia? «All'inizio, nei primi tempi - racconta Lavagnini - vai da una parte e dall'altra a consegnare i curriculum. Entri nelle aziende, ti sorridono, ti danno la mano, poi il nulla. Ma adesso non ho più la forza nemmeno di presentarmi, mi sembra tutto inutile. Del resto so che soltanto una percentuale molto bassa di coloro che allora vennero messi in mobilità ha poi trovato un altro posto». Michele Lavagnini integra, saltuariamente, gli 800 euro della mobilità con 50 euro che ogni tanto guadagna in un locale a 60 chilometri da Leno, lavorando come addetto alla sicurezza. Tutto ciò, tenendo presente che deve anche fare fronte a un affitto in grado di succhiarsi più o meno la metà degli 800 euro. Ora chiede solo di lavorare. «E' stata dura quando sognavo di diventare un ciclista professionista. E anche quando lavoravo fino a 13 ore al giorno sul furgone - ricorda -. La fatica non mi spaventa. Sogno di tornare a lavorare come autista, ma è evidente che in questa situazione tutto va bene». Michele Lavagnini, divorziato, ha una compagna anch'essa in una situazione occupazionale non felice: «Ha un lavoro stagionale e due figli da mantenere», rivela. Oggi si sente in grado di poter ancora dare parecchio e chi ritiene di poterlo ascoltare e dare una risposta concreta può chiamare il xxxxxxxxxxxxxxx. Lui, in fondo, si sente sempre giovane, come quando spopolava tra le promesse alla «3Tre» ciclistica internazionale bresciana. Ed erano solo applausi e pacche sulle spalle.
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