Storia di Giuseppe Ruffoni

Giuseppe Ruffoni nasce a Busto Arsizio nel 1895. Di umili origini, si appassiona presto alla bicicletta che, proprio negli anni della sua adolescenza, soppianta in maniera definitiva il cavallo come principale mezzo di locomozione nella società civile. Ruffoni fa di più, gareggia; è uno dei tanti "isolati", che affollano le punzonature delle principali corse italiane: nel 1922 giunge comunque 14° alla Sanremo e 30° al "Lombardia", l'anno seguente conclude sia il "Giro" che il "Tour" sia pure lontanissimo dalle prime posizioni.
Nel 1924 vince pure una corsa, il "Giro del Bosco" a Catania, ma entra nelle cronache, soprattutto per essere un accanito fumatore: difatti si lascia fotografare più volte con la sigaretta in bocca anche in corsa, suscitando una velata ilarità. Ma è nel 1925, alla soglia dei trent'anni ed alla sua ultima stagione agonistica significativa, che vive il suo momento di celebrità. Tutto accade al termine della prima tappa del Giro d'Italia, a Torino, dove giunge 25°, ad un quarto d'ora dal gruppo di testa, denotando una volta di più i suoi limiti tecnici. Dopo aver firmato il foglio d'arrivo, come si era soliti fare in quel periodo, Ruffoni rientra mestamente all'alloggio messogli a disposizione dall'organizzazione quando, improvvisamente, sente alcune grida disperate provenire dalle rive del Po. Una madre sta invocando aiuto: il suo incauto bambino s'è tuffato nelle acque del grande fiume ma non riesce a tornare a riva e sta per annegare. Ruffoni non esita: scende di sella e si precipita in acqua. Afferra il bambino in un lampo e lo riporta a riva sano e salvo tra le lacrime di gioia della madre e gli urrà dei passanti che, accorsi sul luogo dell'incidente, si complimentano vigorosamente con lui e lo salutano come eroe. Ruffoni si schernisce, non abituato alle smancerie né alla ribalta. Ma quando qualcuno gli domanda cosa desidererebbe come ricompensa per il suo gesto eroico, ricordando la sua passione per il fumo, se ne esce con una battuta: "Sigarette asciutte". La Gazzetta dello Sport, informata del fatto, gli consegna alla partenza della tappa seguente una medaglia d'oro in segno di riconoscimento per il suo gesto eroico.
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