Loretto Petrucci, l'uomo della Sanremo

Rivista Tuttobici Numero: 12 Anno: 2005

Loretto Petrucci, l'uomo della Sanremo

di Gino Sala

Caro Petrucci, la prima cosa che mi viene da dire sul tuo conto è la confidenza ricevuta alcuni anni fa, mentre si andava ad una corsa, io nelle solite vesti di cronista, tu di opinionista radiofonico. Confidenza che è poi diventata di dominio pubblico nel contenuto di un tuo libro e che a quanto pare non è piaciuto ai lettori. Già, parlando di Fausto Coppi tu hai sostenuto e continui a sostenere che non era un brav'uomo, che il suo egoismo ti ha danneggiato non poco, che lui e i suoi scudieri ti hanno messo il bastone fra le ruote. E come esempio porti la Milano-Sanremo del 1951 dove ti sei dovuto accontentare della terza moneta.

Non voglio entrare in questione, ma devo far notare che nei due anni in cui hai militato nella stessa squadra del campionissimo (1952 e 1953) hai fatto tua la classicissima di primavera. Tra i tuoi quindici successi trovo anche un Giro di Toscana, una Parigi-Bruxelles, un Giro del Lazio, una tappa del Giro d'Italia e una Desgrange-Colombo equivalente ad una Coppa del Mondo, perciò non esistono dubbi sui tuoi valori di velocista, valori già emersi nelle categorie inferiori dove hai ottenuto ventotto vittorie a conferma delle grandi qualità di sprinter che ti hanno poi portato ad una bella carriera e a buoni guadagni.

Certo, a ben pensare, tu avresti voluto molti gregari a disposizione, ma non erano tempi come quelli di oggi, quelli di un Petacchi che detta legge anche per merito di altri, di coloro che gli aprono la strada nelle vicinanze del traguardo.
Carriera breve quella di Petrucci, un professionista che ha smesso quando le sue primavere erano appena ventisei. Figlio di un calzolaio, 1,79 di altezza e 73 chili di peso, bel fisico, bella presenza, bella attenzione femminile, mi è stato detto. Un ribelle, tutto sommato. Nel '53, dopo aver lasciato la Bianchi di Coppi, il giovanotto di Pistoia rifiutò un ingaggio di 30 milioni dalla Bianchi stessa non avendo ottenuto le protezioni e la libertà che aveva chiesto. Trenta milioni di lire, a quei tempi, erano tanti e quando chiedo a Loretto cosa gli ha dato il ciclismo la risposta è la seguente: «Tanto. Ho acquistato una casa valutata 11 milioni e che adesso vale più di un miliardo...». Due figlie e tre nipoti, un'attività artigianale nel settore dei cosmetici, il settantaseienne Petrucci è un fiume di parole. Sostiene che ogni epoca ha la sua storia. Giusto. Che il calendario di oggi è troppo denso e in un certo senso distruttivo. Altrettanto giusto, ma gira e rigira la lingua batte dove il dente duole, cioè un pedalatore non sufficentemente valutato, troppe volte trattenuto, anzi bloccato dal gioco di squadra, una posizione che però non gli ha impedito di conquistare due Sanremo come già detto, due perle del ciclismo mondiale e di mettere insieme un bel gruzzolo di quattrini.

Caro Loretto, posso comprendere le tue lamentele, ma non condividerle. Pensa un pò ai gregari di oggi, gregari ben dotati a completo servizio dei loro capitani, pensa anche ad un Bettini che quando è il caso si sacrifica per un suo compagno, pensa ai ragazzi che guadagnano poco, meno di quanto meriterebbero. Medita, caro e simpatico amico e non tirare sempre in ballo il nome di Coppi che potrebbe anche averti fatto qualche sgarbo, ma che ha lasciato ampi segni di altruismo. Un ciao che vuole essere un affettuoso abbraccio.
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