Mio zio, Marco Giuntelli: un Campione!

La testimonianza autentica di una sua nipote, Vittoria, ancora in vita, energica, lucida e molto legata allo zio.

E' come se lo vedessi ancora davanti ai miei occhi, il mio caro zio, su quella biciclette mentre si allenava sulle strade acciottolate e impervie di Tonco e di Asti.
Ricordo, anche se ero bambina, che aiutava, nel suo grande commercio, una sorella, nella città di Asti. Era il 1921 e spesso e volentieri capitavo lì, nella bottega della zia, con mia mamma, la loro cara sorella; rimanevo sempre colpita dagli occhi e dal sorriso dello zio Marco e da come mi prendeva in braccio e mi accarezzava. La sua grande personalità lo distingueva sempre, tant'è che più volte sentivo dar giudizi lusinghieri sul mio adorato zio.
Mi torna in mente un aneddoto in particolare: era un giorno di mercato e le corse avanti e indietro dai clienti erano state tante; in quella giornata alcune persone vennero nella bottega a cercare zio Marco.
Seppi, nei giorni seguenti, che erano degli sportivi e che oltre a consigliargli di correre gli offrirono pure una biciclette per allenarsi.
Il tempo passava e lui, sempre più entusiasta della proposta di questi sportivi, cominciò ad allenarsi, abbandonando in parte il lavoro presso la sorella maggiore.
Nel 1922 lui e l'altro mio zio Battista, che condivideva la stessa passione, iniziarono a correre per una squadra, che fornì loro la biciclette.
Quante volte la mia famiglia, avanti nel tempo, sentì parlare di loro come ragazzi di talento.
Con il passare degli anni, lo zio Marco diventava sempre più bravo e ricordo che mio padre, che aveva attività commerciali in Torino, mi disse un giorno che alcuni suoi clienti gli parlarono molto bene dello zio perché avevano letto di lui sulle prime pagine di alcuni giornali sportivi; poco dopo apprese che era stato contattato da alcune società ciclistiche, per correre con le loro maglie.
Nel 1928 io e i miei genitori e altri parenti stretti lo seguimmo nel Giro del Piemonte, dove lui si impose da grande campione, con il caro fratello appena dietro di lui.
Quel giorno fu per me un momento di profonda felicità, nel vedere lo zio al centro di una grande folla, che lo festeggiò per la sua importante vittoria. Ancora oggi, a distanza di 79 anni da quel glorioso avvenimento, spesso ci penso, commuovendomi. I suoi tanti tifosi lo avevano soprannominato in alcuni modi: quello che più mi rimase impresso fu "il forte Marcun". Ci spiegarono in seguito che gli avevano dato quel nomignolo perché lo consideravano uno di famiglia, capace di far provare forti emozioni.
Grande testimonianza fu quella di mia madre, che, un giorno del 1929, si trovò in una bottega e sentì alcuni sportivi commentare su di lui dicendo che aveva la stoffa del campione.
Ricordo che in un pomeriggio piovoso del 1931 lo zio venne da me per stringermi forte e dirmi che sarebbe partito alla volta della Francia, insieme all'altro zietto, Battista.
Lì avrebbero vissuto per un certo periodo, per continuare la loro attività ciclistica e per lavorare. Io gli dissi subito - No, non mi abbandonare - e scoppiai a piangere, tant'è che lui, che mi voleva tanto bene, mi disse - Ti porto con me -.
Qualche tempo dopo apprendemmo dai giornali e dalla radio che anche lì in Francia ottenne tanta gloria e conquistò tanti sorrisi.
Lo rividi nel 1933, quando tornò per disputare il Giro d'Italia e lui, come prima cosa, venne ad abbracciarmi, portandomi un ricordo dalla Francia, che tuttora conservo gelosamente.
Verso la fine degli anni '30 ritornò in Italia per sempre e io, ormai signorina, potei seguirlo bene da vicino.
Nel giro di poco tempo aprì una bottega di cicli: lì riceveva spesso e volentieri visite di persone che in seguito diventarono suoi clienti.
Trascorrevo interi pomeriggi da lui e ricorderò sempre come mi trattava.
Oltre a gestire la bottega continuò anche un pò a correre come veterano, continuando a far parlare di se ovunque.
Qualche tempo dopo trasformò la sua piccola bottega in un grande commercio di biciclette e moto e a metà degli anni '40 si mise a produrre biciclette con il suo nome. Formò in seguito una squadra e i suoi corridori corsero con maglie e biciclette Giuntelli.
Il suo negozio diventò come un "porto di mare": infatti lì transitarono i più grandi campioni del ciclismo con cui lui corse, più altri noti personaggi sportivi di quei bellissimi tempi.
Mai dimenticherò quel signorile apprezzamento che mi fece un suo caro amico: era proprio Gino Bartali, il Campionissimo, che disse a mio zio - Chi è questa bella signorina? - Mio zio gli rispose: - E' la mia adorata nipote - Lui allora replicò - Hai proprio una splendida nipote, dai suoi occhi traspare felicità e allegria -.
Ricordo che poco dopo questa particolare e nobile galanteria si allontanarono verso il caffè vicino al negozio.
Purtroppo questa fu una delle ultime belle immagini dello zio.
Avanti nel tempo si ammalò e dopo tanta sofferenza morì.
Questo è tutto il bene e la gioia che mi ha regalato lo zio Marco nella sua grande vita.

VITTORIA
Articolo inviato da: Gli amici degli Indimenticabili fratelli (Piemonte-Lombardia)
©2002-2023 Museo del Ciclismo Associazione Culturale ONLUS - C.F.94259220484 - info@museociclismo.it - Tutti i diritti riservati

I dati inseriti in archivio sono il risultato di una ricerca bibliografica e storiografica di Paolo Mannini (curatore dell'Archivio). Le fonti utilizzate sono svariate (giornali, libri, enciclopedie, siti internet, archivi digitali e frequentazioni sui vari Forum inerenti il ciclismo). Chiunque desideri contribuire alla raccolta dei dati, aggiunta di materiale da pubblicare o alla correzione di errori può farlo mettendosi in contatto con Paolo Mannini o con la Redazione.

Preferenze Cookies - Privacy Policy