Jean-Pierre Monseré

Un talento purissimo breve e tragico. Le sue doti, tanto consistenti quanto fulgide, gli consentirono di vincere oltre 120 corse nelle categorie giovanili. Fu secondo al mondiale dilettanti di Brno, anticipato dal danese Mortensen fuggito nel finale e sullo slancio, come costumanza del periodo, passò professionista. Fu subito protagonista assoluto, tanto da vincere, a 21 e un mese, proprio il Giro di Lombardia, in seguito alla squalifica per doping dell'olandese Gerben Karstens, l'unico capace di anticipare il neofita Jean Pierre nello sprint sulla pista di Como. Nel '70, dopo aver vinto diverse gare minori in patria, giunse 3° (dopo Merckx e Van Springel) nel campionato belga e, infine, non ancora ventiduenne, in Inghilterra, sul circuito di Mallory Park, divenne campione del mondo, precedendo il danese, sì proprio lui, Leif Mortensen e Felice Gimondi. Aprì la stagione '71 vincendo il Giro dell'Andalusia e due tappe dello stesso, con l'obiettivo dichiarato della Sanremo, ma non la corse mai.
Quattro giorni prima della Classicissima, si schierò per far la gamba, alla kermesse di Retie-en-Capine, ma qui trovò la morte nelle vesti di una Mercedes che, nonostante gli avvertimenti della polizia e degli organizzatori, era uscita dalla fila. Il campione mondiale, lasciò la moglie e Giovanni, il figlio di quasi tre anni. Ma il più tragico dei destini si accanì anche sul piccolo Monserè che, quattro anni più tardi, nel 1975, trovò la morte nell'identico modo del padre: in sella alla bicicletta fu investito da un'auto a Rumbeke.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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