Guillermo Timoner

Guillermo Timoner, è nato il 24 marzo del 1926, a Felanitx, località delle Isole Baleari. Di corporatura non trascendentale, un "mezzo tappetto" come diceva qualcuno, si costruì gioventù fra una passione, il ciclismo, e una necessità, il suo lavoro da carpentiere. Fra legni, chiodi e cementi sognava di arrivare sulle montagne di Vicente Trueba, ma amava anche quella velocità che gli scafi lungo i litorali delle Balerari richiamavano. Un condensato troppo forte per non fargli provare l'ebbrezza dei canti che potevano venirgli dalla bicicletta e dalle sue facce di competizione. Il padre, che mai aveva accettato i freni e le costrizioni del franchismo, sacrificò una parte di se stesso, per assecondare le speranze del figlio e trovò le 510 peseta per dare al "piccolo", la gioia di tentare l'avventura. Del ciclismo, dunque, il giovanissimo Guillermo provò subito di tutto, mentendo sull'età il giorno della prima gara, naturalmente vinta, ma capì presto che il suo operare, era ancora troppo generico per arrivare a campare di solo pedale. E tale pensiero si confermò in lui anche quando si rese conto che sui velodromi, i pochi di Spagna, non erano in grado di tenerlo dietro. Ma la sua scelta d'orizzonte, nel sogno che voleva diventare realtà, permaneva chiara. Un giorno, per caso, dietro una moto derny, sulle fantasie della Bordeaux-Parigi, vide che anche gli stradisti più forti non reggevano il suo passo, ed intuì che il sentiero che poteva fargli abbandonare quei legni e quei chiodi, s'era allargato. All'alba dei suoi teneri 19 anni, la pista spagnola era già soprattutto Timoner, perché lui, l'isolano con la faccia da omino più matura della sua età, sui tondini vinceva tutto, tanto l'inseguimento, quanto la velocità e, soprattutto, quel mezzofondo che sentiva sempre più sincronico al suo volere. Il tempo intanto passava, ed il giovane Guillermo, fra le copiose vittorie racchiuse tutte entro confini che non aveva scelto e senza dimenticare quella povera gente costretta a lavorare senza sentire il vento della libertà, cominciò a preoccuparsi delle sue primavere, già avviate verso il quarto di secolo e lo fece a suo modo, andando incontro ad una sfida dietro le potenti moto degli allenatori dei migliori stayer del tempo. Un assaggio finalmente internazionale con atleti per lo più francesi, fra i quali il fortissimo Lemoine, che si concluse con un suo vero e proprio trionfo. Timoner, aveva capito di poter competere con tutti nel mondo, ma la Spagna franchista, era troppo povera e distante, per garantire un ingaggio professionistico ad un ragazzo "socialisteggiante", che eccelleva su quelle piste che in terra iberica eran ancora troppo poco frequentate. Soffrendo, l'ormai maturo Guillermo, fu costretto a rimanere nel limbo del suo sogno. Ancora titoli su titoli nazionali, ed un disagio crescente, ma pure il rivolo ottimistico della breccia creata da un connazionale che, come lui, aveva pure corso in pista, tal Miguel Poblet, il quale, per competere da protagonista, s'era trasferito in Francia, in una squadra di giovani professionisti, fra i quali v'era un biondino dipinto come predestinato, Jacques Anquetil. Timoner, conosceva bene Miguel e lo prese a riferimento.
Nel '53, con già ventisettenne anni alle spalle, la Federazione Spagnola accettò di dare l'opportunità a Guillermo di partecipare ad un paio di Sei Giorni e, l'anno successivo, senza un minimo di assistenza, al campionato mondiale fra gli stayer, allora solo professionistico.
Timoner, a dispetto dei disagi e dell'improvvisazione si guadagnò la finale, chiusa poi al settimo posto. Solo nel '55, pur senza un contratto con una squadra professionistica, l'omino volante delle Baleari, tanto somigliante a Poblet e Picasso, poté svolgere un'attività con tinte d'internazionalità maggiori. Ben presto si capì che in cima ai suoi pensieri c'erano quei mondiali di mezzofondo, che si sarebbero svolti sulla magica pista del Velodromo Vigorelli di Milano. La risposta della prova sull'anello milanese, dopo tanti anni di attesa e di ansie vissute nei pochi guadagni di una attività quasi circense e con ancora soventi giornate fra i carpentieri, fu sublime. Il mondo degli stayer, poté osservare, ammaliato, la poesia di quel mezzofondista sconosciuto ai più, il quale, con ritmo indemoniato e con accelerazioni da mandare in visibilio l'allora attento, competente e numeroso pubblico meneghino, superò uno alla volta i migliori del mondo, fino alla conquista di una strameritata maglia coi colori dell'iride. Un titolo storico, perché Guillermo Timoner era il primo spagnolo a vincere un campionato mondiale in una specialità del ciclismo.
La grande vittoria però, non gli valse un ingaggio sicuro e questa sottostimazione la pagò nel 1956, quando, nella gara valevole per l'iride, i colleghi con contratto si coalizzarono, alla faccia delle rispettive nazionalità, per rendergli la vita durissima. Guillermò lottò, ma sulla ventosa pista di Copenaghen, pur giungendo all'argento, fu costretto a cedere il titolo di pochissimo all'australiano French. La strada comunque, era chiara e sulla scia di Poblet, raccogliendo l'invito di Lemoine, anche Timoner si trasferì in Francia, nell'Alcyon, in quella che diverrà la prima squadra professionistica di un mito.
Il 1957 però, fu un anno grigio per l'omino volante di Felanitx: una serie di acciacchi ed una caduta su strada, lo frenarono fino al punto di rendere quella stagione come l'unica, fra le ventuno della sua prima carriera, a non donargli nemmeno un tutolo nazionale. Corse pochissimo, ma ormai era lanciato e, nel '58, pur passando in una piccola squadra italiana (la "Lube"), tornò ad essere il sire degli stayer, anche se al mondiale fu beffato dallo svizzero Walter Bucher.
Nel '59, il gran passaggio alla Faema, uno squadrone italiano, ma, di fatto, internazionale, per nazionalità e qualità dei propri componenti. Fu un anno d'oro per Timoner, che vinse tutte le classiche del mezzofondo, compreso il G.P. delle Nazioni e, ad Amsterdam, trionfò al campionato mondiale, prendendosi una sonora rivincita sullo svizzero Bucher. Ancor migliore il 1960, dove alle classiche aggiunse la Coppa del Mondo. Quindi, sul velodromo di Karl Marx Stadt, nell'allora DDR, fu autore di un impresa che lo vede tutt'oggi ineguagliato: conquistò la sua terza maglia iridata, correndo i cento chilometri della prova, alla stratosferica media di 82,200 kmh!
Il commendator Borghi, titolare dell'Ignis, uno dei padri dello sport italiano del dopoguerra, amante come pochi del ciclismo, volle con sé il fenomeno della velocità dietro moto e, nel 1961, Guillermo Timoner entrò nei ranghi di quella che poi diverrà la sua squadra storica, l'Ignis appunto. Qui, tra gli altri, ritrovò sotto i medesimi gialli colori Miguel Poblet, colui che gli aveva aperto la strada per fare del ciclismo il tratto saliente della sua vita. L'esordio nello squadrone varesino però, non fu dei più fortunati perché qualche acciacco gli impedì di presentarsi al meglio delle competizioni più importanti, e chiuse l'anno col solito titolo spagnolo e qualche vittoria di secondo piano.
Si rifece nel 1962, ritornando a vincere le classiche della specialità, ad a Milano, fra un tripudio di spettatori attenti, trionfò per la quarta volta il titolo mondiale, ancora con una media da far venire i brividi: oltre 81 kmh! Nell'anno successivo, pur vincendo Coppa del Mondo e G.P. delle Nazioni, nonchè superando i postumi di una pesante caduta, fu protagonista di un episodio che ha fatto epoca....
Nell'anno successivo, pur vincendo Coppa del Mondo e G.P. delle Nazioni, nonché superando i postumi di una pesante caduta, fu protagonista in negativo di un episodio che ha fatto epoca. Teatro, la pista di Roucourt, proprio in occasione della finalissima del campionato mondiale. A pochi giri dal termine, Guillermo Timoner era in testa e si avviava alla conquista della sua quinta maglia iridata. Ancora una volta, era riuscito a superare gli avversari e resistere ai loro ritorni, soprattutto aveva respinto le velleità di colui che diverrà, di lì a poco, un sontuoso interprete della specialità, il belga Leo Proost. Ormai tranquillo, il campione spagnolo gridò al suo allenatore quel "non rapidamente" che, nel linguaggio cifrato degli stayer, significava di moderare l'andatura e di proseguire regolari: in fondo la gara era praticamente decisa. La confusione delle allora grosse moto in pista e le urla del pubblico che continuava imperterrito ad incitare gli astri di casa, Depaepe e lo stesso Proost, impedirono al pilota-allenatore una comprensione esatta della frase di Guillermo, e nell'uomo in tuta nera, sfuggì il "non", lasciando all'azione e alle determinazioni conseguenti, solo il significato di "rapidamente". La grossa motocicletta (2000 centimetri cubici con trazione a puleggia), iniziò così un'accelerazione per quello che l'allenatore aveva intuito come l'acuto finale del campione e lasciò le pur poderose gambe di Timoner, in esubero lattico facendogli perdere il rullo con tanto di vento in faccia. Nel mezzofondo perdere il rullo, ovvero il contatto col motore e la protezione dal vento che a quelle velocità è sensibile anche nelle giornate di brezza leggera, significa per il corridore subire una frustata insuperabile, specie se si concretizza sul finale di corsa. La stima della perdita di velocità in simili casi, non è mai inferiore ai venticinque kmh. Il grande Guillermo, si trovò così umiliato e predisposto alla rimonta, senza accelerazione o soverchi sforzi da parte degli avversari, ed a nulla valse la decelerazione dell'allenatore nel momento in cui questi s'accorse dell'errore. Il mondiale, andò così al pur meritevole Proost ed a Timoner rimase un umiliante settimo posto, l'ultimo della finalissima.
L'incomprensione che gli era costata una maglia iridata ormai sua, non fermò l'inseguimento alla storia del grande omino delle Baleari. Nel 1964 vinse il G.P. delle Nazioni e ai campionati mondiali di Parigi, si prese una sonora rivincita su Proost, conquistando il suo quinto titolo iridato. Ancor migliore il suo 1965, quando a 39 anni, si permise di vincere la Coppa del Mondo e, sul velodromo di San Sebastian, con una condotta regale senza il minimo segno di cedimento, trionfò per la sesta volta ad un campionato mondiale. Nell'occasione diede una lezione di ritmo, accelerazioni e senso tattico, ai nuovi principi del mezzofondo dei paesi più forti nella specialità, il belga Romain De Loof (2°) e l'olandese Jaap Oudkerk (3°). Vidi quella corsa stupenda in TV, trasmessa interamente in diretta, avevo undici anni. Quaranta anni dopo, quello spettacolo, che al confronto meramente televisivo da un segno chiaro delle modificazioni dei tempi, è ancora nitido in me, soprattutto rivedo coi medesimi cori partecipativi i sorpassi di Timoner, e quel suo stare incollato al
rullo come nessuno.
All'indomani di San Sebastian, quasi fosse ripagato da una carriera come nessun altro stayer, l'omino volante delle Baleari, tirò un po' i remi in barca, il resto lo fece ....l'anagrafe. Con l'arrivo del 1966, infatti, la crescita degli acciacchi e l'età, portarono in dote a Guillermo il declino. Qualche piazzamento importante e, soprattutto, un'attività molto più moderata, sempre con la maglia gialla dell'Ignis. Nel '67, si prese un "anno sabbatico", portando le sue apparizioni ad una rarefazione semi assoluta. Nel suo intento, c'era quel riposo per riportarsi in auge l'anno successivo, quello che doveva essere l'ultimo della sua favolosa carriera. Ma i suoi piani furono sconvolti da un grave incidente stradale in cui fu coinvolto a Maiorca, proprio sulla sua terra isolana, ed a due passi da casa. Era la fine anticipata del suo luminoso segmento agonistico, senza aver potuto mostrare quel canto del cigno che era nei suoi piani. Per anni, dopo essersi ripreso per la vita normale, nell'animo dell'omino volante, continuarono a convivere i richiami di quel sogno, quella volontà di non chiudere così. Il tempo passava, ed in lui cresceva la spinta verso un atto che creasse clamore, anche per dimostrare che il contatto d'una vita passata vicino ai metalli dei motori, l'avevano trasformato davvero in uomo di ferro.
Guillermo pedalava, ed ancora stupiva. Già, perché sulle strade, i giovani a cui insegnava ciclismo, con l'età dei figli o dei nipoti, non riuscivano a tenere la sua alata ruota. E fu così che nel 1984, a 58 anni, decise di riprovare l'agonismo.
La Teka, al tempo una delle formazioni più significative del mondo professionistico internazionale, gli offrì un ingaggio, ed il vecchietto omino di Felanitx, si ripresentò, fra lo stupore generale, alle corse. Gli echi del suo ritorno si raccolsero nel particolare e nel peculiare quando, a distanza di ventun anni e alla sua veneranda età di reale pensionato, rivinse il campionato spagnolo del mezzofondo. Aveva così ripagato la Teka della sua disponibilità, ma soprattutto aveva dato al mondo un'eco ancor oggi ineguagliata ed incredibile. Ma l'omino volante non si poteva accontentare, voleva ancora risentire l'ebbrezza di una partecipazione mondiale e, saltata la possibilità di provarla a Barcellona '84 (anche a causa degli aspetti regolamentari del suo caso unico), vi riuscì nel 1985. Il suo canto del cigno, si consumò sul fondo di cemento della pista, in quei giorni iridata, di Bassano. Vederlo pedalare dietro una moto rappresentava ancora qualcosa di unico, per i nostri occhi di ammiratori e appassionati. Fu eliminato in semifinale, ma donò ai giovani avversari ed a chi poté raggiungerlo sul prato del velodromo, il premio di una stretta di mano... ad un mito ineguagliabile.
La sua leggenda però, ha continuato a tracciare nell'anonimato dei titoli non ufficiali, nelle gare per veterani e nell'insegnamento ai giovani che vogliono avvicinarsi al raggio immanente di una bicicletta che insegue una moto...
E continua ancora, a 79 anni, il prossimo 24 marzo.
Guillermo Timoner un Immenso!
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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