Storia di Alfredo Binda

Nell'autunno del '24, un giovane di nome Alfredo Binda, che in Francia lavorava come stuccatore, viene da Nizza a Milano in bicicletta per disputare il Giro di Lombardia. Alla Gazzetta rimangono incerti se accettarlo o no. Il debutto è promettente, la Legnano lo assume e al Giro del '25 lo presenta nella formazione che ha per leader Brunero, già vincitore di due edizioni (1921 e 1922).
All'inizio, Binda si trova a disagio su strade più brutte di quelle che è abituato a percorrere in Francia. L'avversario da battere è Girardengo. Sulle salite del Sud, Binda si rivela scalatore eccezionale: il suo stile è perfetto.
Nel Giro del '27 dominò la classifica generale dalla prima all'ultima tappa.
E' il campione che ha vinto più tappe in un Giro (12 su 15 nel '27), più tappe in assoluto (41 tra il '25 e il '33) e più tappe consecutive (8 nel '29 dalla seconda alla nona tappa).
Il Giro d'Italia si affaccia ogni anno alla ribalta con qualche novità: dalla classifica a punti, si passa dopo tre anni alla corsa per squadre, e alla vigilia della guerra è fissata la classifica a tempi.
Si offre il conforto dei rifornimenti gratuiti, l'assistenza agli arrivi, l'alloggio assicurato. Si studia l'opportunità di offrire un vantaggio al vincitore di tappa e, per il 1927, si sperimentano le tappe consecutive. Per la prima volta il loro numero fu elevato a quindici per 3.728 chilometri.
Binda si impose nettamente fin dall'inizio della gara vincendo a Torino, a Reggio Emilia e a Lucca. A Grosseto cedeva però nella volata a Piemontesi, al quale la vittoria non sembrava portar fortuna, perché nella seguente tappa di Roma, sfinito, raggiungeva con grande ritardo il traguardo e abbandonava la gara nei primi chilometri della succcessiva Roma-Napoli.
Da quel momento Binda rimase senza avversari e riuscì a totalizzare dodici vittorie sulle quindici tappe.
E' l'unico che può vantare di essere stato invitato dagli organizzatori a disertare la corsa per non privarla di quell'incertezza che rende appassionanti le competizioni. Accadde nel Giro d'Italia del '30 quando, dopo le tre vittorie consecutive nel '27, nel '28 (con 6 tappe) e nel '29 (con otto tappe), accettò di restare al palo ricevendo in compenso l'ammontare massimo dei premi in palio.
Del resto la sua grandezza è illustrata da altre conquiste, in vetta alle quali stanno le tre trionfali affermazioni nel campionato del mondo del '27, del '30 e del '32.
I suoi "garun" (definizione bindiana dei garretti) erano alla base delle prodezze che esaltavano la folla divisa dalla rivalità che separava Binda da Girardengo.
Singolare il suo rapporto con il Tour: l'affrontò nel '30 con scarso entusiasmo, vinse due tappe consecutive a Pau e a Luchon poi una caduta lo costrinse all'abbandono. Si prese la rivincita come c.t. della nazionale che guidò in occasione delle trionfali spedizioni con Bartali nel '48, Coppi nel '49 e '52, Nencini nel '60; la sua saggezza fu alla base dell'accordo impossibile fra Gino e Fausto e del massimo rendimento della squadra che ne riconosceva il prestigio e l'abilità tecnica e diplomatica.
Nel 1936 quando ormai erano più di due anni che stava cercando l'ultima vittoria per chiudere in bellezza la sua grande carriera, si presentò alla partenza della Milano-Sanremo. Nelle vicinanze di Novi Ligure, nel paese natale del suo grande avversario Girardengo, con l'asfalto bagnato, scivolò e cadde. Frattura del femore, ottanta giorni fra ospedale e clinica. Era proprio finita, ne la passione, ne il comprensibile desiderio di chiudere in bellezza con l'ultima vittoria, lo rimisero in sella.
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