Un uomo venuto dal freddo: Bernt Johansson

Bernt, nato a Goteborg (Svezia) il 18 aprile 1953, fu una vedette assoluta fra i "puri", vincendo ripetuti titoli nazionali, di Scandinavia e classiche internazionali, col fare del corridore superiore. Nel 1974, a Montreal, in quella che diverrà la sua città preferita, conquistò coi compagni Nilsson, Gagerlund, Filipsson il titolo mondiale nella cronosquadre e poi, singolarmente, la Medaglia d'Oro alle Olimpiadi nel 1976, anticipando di 31", l'italiano Giuseppe Martinelli (colui che da direttore sportivo legherà la sua carriera al compianto ed indimenticabile Pantani e agli odierni Simoni e Cunego), nonché il polacco Nowicki e il belga, tanto talentuoso quanto svogliato, Alfons De Wolf.
Passò professionista nel '77, in Italia, il paese dove consumerà praticamente tutta la sua breve carriera nell'elite del ciclismo, all'interno della Magniflex. Lo si attese all'esplosione verso quei livelli che si vedevano come suoi naturalmente, ma Johansson non donò più le giornate splendenti vissute fra i dilettanti. Belle vittorie, anche una certa regolarità nel novero dei migliori in corsa, ma niente da paragonare a quel passato che via via si allontanava.
Fra i suoi successi vanno segnalati il Giro del Levante, proprio all'esordio, nel 1977, quindi, nella medesima stagione, il Trofeo Baracchi in coppia con Carmelo Barone. Il Giro dell'Emilia e la Cronostaffetta con Giovanni Battaglin nel 1978, il Gran Premio di Prato nel '78 e '79, il Giro del Lazio nel 1980. Nel 1978 fu battuto da Francesco Moser nel Giro di Lombardia. L'annata '79 fu la migliore di Johansson: al Giro d'Italia vinse le tappe di Voghera e Boscochiesanuova (con una stupenda azione di forza su Moser e Knudsen) e chiuse la corsa rosa sul podio, dietro a Saronni e Moser. Nello stesso anno si classificò terzo nella Freccia Vallone, piegato, non senza problemi, da Hinault e Saronni.
Nel biennio '78-'79, partecipò ad ambedue le edizioni del GP Terme di Castrocaro a cronometro e le vinse entrambe. Nella prima occasione, battagliò a lungo con Carmelo Barone e nella seconda, niente popò di meno che con lo specialista olandese Roy Schuiten. Costruì i suoi successi con condotte regolari senza pagare alla distanza lo sforzo richiesto dalla lunghezza e dalle difficoltà del percorso. La flessione di rendimento, già avvertita nella stagione '80, si amplificò nel 1981 e Bernt, senza pensarci troppo, abbandonò il ciclismo pedalato proprio alla fine di quell'anno, a soli 28 anni.
Arrivato alimentando curiosità, se ne andò in silenzio, ma non si può dire abbia deluso, per la semplice ragione che in questo sport si chiede troppo, sbagliando, di rivedere e riprendere nella verità del professionismo, gli echi del dilettantismo. Johansson, nell'elite ciclistica, avrebbe potuto fare di più, ma il raccolto non è per niente da disprezzare, anzi. Nel dopo carriera, ha poi ricoperto incarichi importanti all'interno della nazionale svedese.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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