Qui visse mio padre Angelo Fausto Coppi

La scritta è posta sotto al bassorilievo in marmo bianco di Carrara che riproduce, in primo piano, il profilo del Campionissimo. È posta di fianco allo stipite della piccola porta in rovere che da l'accesso a Villa Coppi.
Villa Coppi (fino al '54 era villa Carla) sorge sulla strada di Serravalle, al numero 120, tra Novi Ligure e Tortona, nella frazione di Barbellotta. È una costruzione di color rosso ligure a tre piani con persiane bianche e diciotto stanze. Nel segreto di questa villa echeggiano ancora i lamenti di quarant'anni di passione. Qui vive, in compagnia di Stefano Azzaretti - l'ultimo compagno della dama bianca -, Angelo Fausto Maurizio Coppi, il figlio del Campionissimo, un uomo che porta di suo padre la grande somiglianza fisica, il sorriso esitante e l'ansia di schivare pubblicità tormentose.
Qui visse giorni di felicità e d'angoscia Angelo Fausto Coppi, il più grande ciclista di ogni tempo. Ma qui, soprattutto, ha consumato nelle lacrime i sogni d'amore e di gloria Giulia Occhini, l'amante e la madre più insolentita d'Italia. La sua storia, bersagliata nei primi anni Cinquanta in articoli e biografie, è stata il pezzo forte del film di Sironi "Il Grande Fausto", andato in onda sulla RAI.
Giulia è morta il 6 gennaio del '93, dopo 522 giorni di coma per trauma cranico. Era in macchina con un amico di famiglia, Carlo Bisio: l'automobile fu travolta proprio qui, di fronte alla villa, da una Golf che procedeva a tutta velocità. Era il 4 agosto del 1991. Il 6 gennaio del '93, poco prima delle otto di mattina, il suo cuore si è fermato. Dopo tutti quei giorni di tormento, il figlio pensava d'essersi ormai abituato all'idea di averla persa per sempre, invece non è stato così. Gli è mancata di colpo lasciando un vuoto incolmabile. Aveva settant'anni ma era ancora più che mai il fulcro dell'intera casa, della sua vita.
Nella casa le immagini del Campionissimo e della dama bianca sono tante, tantissime. In quadri e cornici d'ogni genere trovano posto le fotografie della coppia più famosa e discussa del dopoguerra in Italia. Una sorta di archivio iconografico che rende la casa un autentico mausoleo.
Nel salotto buono, rivestito di broccato color crema e di fotografie in cornice, si respira un'aria dimessa e triste. Nella casa dei ricordi la memoria s'intreccia in una matassa di storia che spesso è difficile da sbrogliare.
Giulia riposa nel cimitero di Serravalle. Sulla lapide il figlio ha fatto incidere il nome di Giulia Occhini Coppi. Qualcuno si è indignato per quel doppio cognome, ma il figlio ci ha fatto l'abitudine. Ha preso dal padre: non s'infiamma per così poco, non ne vale la pena. D'altra parte il matrimonio, almeno in Messico, c'era stato. Ma la persecuzione continua. Nonostante siano passati tanti anni, Giulia sembra non trovare riposo e comprensione, nemmeno dopo la sua morte.
Perché la gente non ha mai perdonato Giulia Occhini? Fa fatica a capirlo anche il figlio. Si può comprendere lo sdegno dell'Italia degli Anni Cinquanta. Una donna, una madre che lascia la propria famiglia per fuggire con il suo uomo... È comprensibile che la romanzesca vicenda fece insorgere milioni di benpensanti bigotti dell'Italia di quel tempo, ma francamente non si capisce per quale ragione, ancora oggi, Giulia debba essere considerata una poco di buono. Alcuni anni fa il figlio voleva far coniare una medaglia ricordo con incisi i nomi di Giulia e Fausto Coppi, e donarla in premio al vincitore del Giro d'Italia. Gli organizzatori gli risposero che un premio Coppi sarebbe stato graditissimo, ma di Giulia Occhini era molto meglio non parlarne. La medaglia la fece coniare lo stesso e la mise in palio al Giro dell'Appennino.
Giulia Occhini era nata il il 23 luglio 1922. Le cronache di ciclismo parlano di lei fin dal 1948 come accesa tifosa di Coppi, ma la prima uscita ufficiale è del 1953, quando al mondiale di Lugano viene fotografata accanto a Coppi in maglia iridata. Durante il Giro del 1954, dopo la tappa di Saint-Moritz, Pierre Chany, giornalista de L'Èquipe scrive: "Vorremmo saperne di più di quella signora in bianco che abbiamo visto vicino a Coppi". La descrive proprio così: "la dame en blanche", per via del suo montgomery color della neve. E quella definizione le restò addosso come un marchio. Nel settembre 1954, Coppi e la moglie Bruna Ciampolini firmano un atto di separazione consensuale: la figlia Marina viene affidata alla madre. In questi stessi giorni Giulia Occhini rimane incinta: il figlio, Faustino, nascerà il 13 maggio 1955 a Buenos Aires, in Argentina, per aver diritto di portare il cognome Coppi. In quello stesso 1955, Fausto Coppi e Giulia Occhini vengono processati. I due vengono condannati rispettivamente a due e tre mesi di carcere con la condizionale.
La loro fu semplicemente una grande storia d'amore. Dicono che Giulia rovinò la vita e la carriera di Angelo Fausto, ma queste sono solo cattiverie. Coppi non era più giovanissimo e le vittorie stentavano ad arrivare per una più che comprensibile questione anagrafica. Dicono, anche, che fosse vanitosa, avida, amante dello sfarzo e della bella vita. Ma questi erano solo e soltanto sfoghi di gente che si sentiva tradita. Giulia veniva da una famiglia napoletana benestante e dopo essersi diplomata al liceo classico, aveva sposato un affermato capitano medico dell'esercito. Era una donna di classe, lo è sempre stata e Coppi non era da meno. Lui aveva studiato da solo, tantissimo, era un uomo di grande classe e profonda intelligenza. Parlava correttamente il francese e sapeva stare a tavola. I salotti li aveva frequentati da sempre anche lui, e in Giulia trovò semplicemente la donna che poteva stare bene al suo fianco. Coppi era di educazione e sensibilità innate: anche dopo anni di vita insieme, quando Giulia si sedeva a tavola, lui si affrettava ad accostarle la sedia. E se le faceva dei regali, aveva il pudore di non darglieli in mano; glieli faceva trovare per caso, dentro il cruscotto dell'auto, o in un cassetto.
Si dice che Coppi fosse infelice, triste, perennemente insoddisfatto e che, stanco di Giulia, fosse intenzionato a trasferirsi a Milano, da solo.
Ma chi lo ha conosciuto sa bene che questo non era vero. Coppi era gioviale, allegro, un uomo di grande compagnia. La sua non era tristezza ma riservatezza. Lui amava stare in mezzo alla gente, solo che preferiva ascoltare anziché parlare.
Anche Giulia era dipinta come una donna impossibile, una sorta di strega. La verità è che era una donna forte, caparbia, battagliera, possessiva, ma anche fragile, indifesa, vulnerabile. Certamente era una donna difficile, ma lo era diventata col tempo, perché difficile era stata la sua vita. Dopo la morte di Coppi, che la fece invecchiare di trent'anni, dovette patire la perdita anche della figlia Loretta nata dal primo matrimonio con il dottor Locatelli e morta di cancro nel 1981, a trentacinque anni.
Comunque quella di Angelo Fausto e Giulia fu una storia d'amore, una vera e autentica "grande" storia d'amore alla quale ancora oggi non viene resa giustizia.
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