Lance Armstrong, l'uomo dei miracoli

Austin, Texas. In una notte del settembre piovoso dell'anno 1971 nacque da una giovane madre di 17 anni un bambino che avrebbe inciso il suo nome nella storia del ciclismo. Decisero di chiamarlo Lance, Lance Gunderson. Solo che un cognome così non aveva significato, dal momento che il padre naturale fuggì alla notizia della gravidanza. Così il bambino prese un altro cognome: Armstrong. Ironia del destino significa braccio forte. E in effetti lui svilupperà la muscolatura dei suoi arti. Solo che quelli che contano, saranno le gambe.
A 17 anni Lance partecipa a gare di Triathlon, a 20 inizia con il ciclismo, sport reso professionistico da pochissimo tempo in America. A 22 anni, in una giornata nella quale il cielo sembrava volesse sfogare tutta la sua ira contro la terra, sotto un diluvio più unico che raro, il texano che prendeva le gare come la sua vita, azzardando continuamente, si laurea campione del mondo. Pochi lo conoscevano, ora si parla soltanto di lui.
La sua vita prende una piega giusta, va in nazionale, partecipa a Giro e Tour, vince delle tappe.
Ma un giorno si alza, e qualcosa non funziona. Tossisce sangue, ha mal di testa, non sa cosa possa essere. Il verdetto gli ghiaccia ogni muscolo del corpo. Ha il cancro: testicoli e cervello. E avanza ad una velocità impressionante. L'oncologo gli da due possibilità di cura. Una terapia che gli garantisce il 60% di possibilità di sopravvivere, ma non potrà tornare in bicicletta. Un'altra che garantisce, si fa per dire, il 30%, ma lascia aperto uno spiraglio per la sua carriera.
Ci sono due modi per affrontare la vita. Come i russi, giocando a scacchi, o come gli americani, giocando a poker. Lance osa e sceglie la seconda.
Un anno di sofferenza, un'operazione al cervello, il liquido seminale congelato, l'asportazione di un testicolo, la vittoria. Lance batte il cancro. Sopravvive.
Non tarda a ritornare in bicicletta, il texano. Scoppia a piangere quando una signora con la bici da città lo stacca su un cavalcavia. Diamine, lui è campione del mondo! Non si arrende. E dopo due anni, eccolo di nuovo in strada. Un anno per riprendere, e arriva il 1999.
La Francia è gialla, l'Alpe d'Huez è immobile ad aspettare chi la dominerà. Lance scatta su ogni salita, sfoga la rabbia che ha dentro, vuole riscuotere il tributo che gli spetta dalla fortuna. Arriva a Parigi in giallo, con 7 minuti su chi segue. "Bella favola!", "Che storia!" ecc... I commenti si sprecano, si ripetono. Lance pure. Ullrich, Zulle, Hamilton, Mayo, Basso. Nessuno gli resiste. E nel giro di cinque anni i tour sono 5. Nella storia solo Hinault, Merckx, Indurain e Anquetil hanno vinto cinque tour. Ora anche anche Armstrong. Ma di più non si può, c'è la maledizione. Musica per il texano che ha vinto con pochi secondi di vantaggio il quinto tour di fila. Ormai lo danno per finito.
Arriva il luglio del 2004. Chi batterà Armstrong? Basso, Ullrich, Mayo? No, Armstrong. Lance domina anche il sesto e la storia si inchina a le Roi American.
Il ragazzo che ha saputo prendere la vita rischiando, come un texano vero, e alla fine ha vinto.
Adesso sfoggia con onore il braccialetto giallo della sua associazione contro il cancro. Lance ricorda la storia dell'uomo dei miracoli. Il ragazzo di Austin, il texano che ha sconfitto il cancro e ha vinto più Tour di chiunque altro. Il duro che non ha avuto paura di lottare, ma che quando scalava l'Alp d'Huez, a bordo della sua Trek, con il cappellino rivolto indietro, facendosi largo fra le bandiere a stelle e striscie, ha lasciato cadere a terra una lacrima, pensando a quanto sia bella la vita, con la consapevolezza che se ci credi, i miracoli possono accadere.
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