Storia di Nunzio Pellicciari

Era l'alba del primo gennaio 1935 quando Armida Annigoni, dava alla luce il suo quinto figlio, Nunzio, in quel di San Giuseppe (Casa della Regina) di Baiso. Nunzio passò gli anni giovanili a coltivare, col padre Celide e i sette fratelli, il piccolo podere in collina, e fu casuale il regalo di una bicicletta da corsa da parte di Bione Franchini (il suo primo grande e prezioso allenatore e sostenitore), allora casaro di San Giuseppe, che appassionò Nunzio.
La sua carriera ciclistica ebbe così inizio nel 1952 con la "Libertas" di Reggio Emilia, con la quale si aggiudicò la prima vittoria, mentre l'anno dopo passò al Velo Club Reggio, col quale vinse cinque corse. Per ragioni economiche (il podere non bastava più al sostentamento di una famiglia composta da dieci persone), Nunzio dovette prendere la via della Francia, dove andò per la raccolta di barbabietole. Nel '57, finalmente, Nunzio poté fare il corridore a tempo pieno, dopo che la famiglia si era trasferita nel Modenese, a Colombaro di Formigine. Vennero subito anche buoni risultati come la vittoria per distacco nel Trofeo "De Gasperi" di Torino. La carriera di Pellicciari venne però interrotta da un grave infortunio occorsogli durante la Trento-Bondone: in fuga con altri quattro, venne investito da una moto riportando una ferita alla gamba sinistra, suturata con 60 punti, cui seguì il ricovero in ospedale per un mese. Tuttavia, la forte fibra lo raddrizzò e l'anno successivo vinse sei gare e conquistò il 5° posto alla finale di San Pellegrino, che gli aprì la strada al professionismo. Nel 1959 passò infatti professionista con la San Pellegrino e riuscì a partecipare e a portare a termine (70° posto) il suo primo Giro d'Italia, quale fedele gregario di Romeo Venturelli. Nel 1960 partecipò di nuovo al Giro d'Italia e lo concluse in 62° posizione. Nel '61, con la "Molteni", non riusci a concludere il Giro mentre l'anno successivo passò alla "Torpado" e al Giro si distinse nella burrascosa e storica tappa del Rolle, rimanendo coi primi inseguitori di Meco (che vincerà): soltanto una caduta causata dalla neve, alta ben 20 centimetri, lo fece arretrare all'11° posto mentre il Giro perdeva ben 57 corridori. "A Baiso, paese natale di Pellicciari, la popolazione si è riversata nelle piazze, nelle strade e anche nella casa del loro odierno eroe per brindare e per manifestare l'entusiasmo per il piazzamento del compaesano nell'epica tappa", si legge su Stadio del 3 giugno 1962.
L'epilogo dei suoi cinque anni da professionista fu nel Giro d'Italia del '63 quando nella tappa di Oropa si consumò il fattaccio...: cinque uomini in fuga e tra questi i suoi compagni Fontana e Zancanaro. Taccone inseguiva e lui a ruota, ma non poteva collaborare... Taccone insisteva ma Nunzio non poteva e Vito inchiodò per farlo cadere e poi gli sferrò un pugno con spinta facendolo cadere nel fossetto... Qui Nunzio batte la testa, finì la tappa ma venne portato all'ospedale di Gattinara per accertamenti.
Il direttore di gara non ci vide chiaro e per non compromettere la salute del corridore lo obbligò a ritirarsi dalla competizione, così per Nunzio fu praticamente la fine della carriera e del sogno di partecipare al Tour de France. Tuttavia, Pellicciari a 28 anni non si perse d'animo e iniziò subito la scalata a una nuova ma differente carriera, che lo ha portato ad essere un affermato manager nel campo dei rappresentanti del settore ceramico. Non ha rimpianti per la vita da ciclista, che comunque gli ha regalato forti emozioni e lo ha temprato e avviato, anche economicamente, a una vita serena e tranquilla con la moglie Camilla e i due figli (Mauro e Monica).
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