Danilo Grassi

Nato a Lonate Pozzolo (Varese) il primo gennaio 1941. Passista veloce, alto m 1,78 per kg. 73. Professionista dal 1964 al 1965, con una vittoria.
Danilo era uno di quei corridori che raggiungevano presto la forma e che, sul passo, avevano quel qualcosa in più che ti faceva prevedere per loro un gran bel futuro. E Grassi è sempre stato così, sia nelle categorie giovanili, che fra i professionisti. Uno come lui, oggi, avrebbe mille variabili a disposizione per arrivare ai vertici e potrebbe, grazie ai nuovi mezzi che sono "bombe" rispetto a quelli dei suoi tempi, correggere o attenuare l'unico vero settore dove non era fra i migliori: le lunghe salite. Se poi vediamo che ha lasciato il ciclismo a soli 25 anni, il rammarico per la sua scelta, da rispettare in ogni caso, resta. Anche perché maturò poco dopo quello che è sempre stato un tangibile atto di qualità, come la vittoria in una tappa del Giro d'Italia. Insomma, con Danilo Grassi, andiamo a narrare un atleta sconosciuto ad un appassionato odierno di mezza età, con un tracciato inferiore al potenziale e, soprattutto, con la convinzione che il pragmatismo che lo ha sempre guidato, sia stato più da uomo maturo con la testa sulle spalle, che da giovane atleta con velleità e sogni, nonostante abbia colto nel proprio percorso persino una maglia iridata.
Danilo arrivò all'agonismo ciclistico a quindici anni correndo fra i liberi. Poi, con l'ingresso fra gli allievi, si determinò ben presto come un vincente, ed un protagonista in quasi tutte le corse. Alla fine dell'esperienza in questa categoria, furono 20 i suoi successi, a cui aggiunse il 3° posto ai Tricolori nel 1959. Con gli anni sessanta divenne dilettante e col Velo Club Bustese raggiunse i vertici nazionali, eleggendosi fra i talenti migliori del movimento nazionale e diventando un punto fermo delle formazioni azzurre. Le sue doti sul passo e quelle di ruota veloce lo portarono, nei quattro anni passati nella categoria, a conquistare una sessantina di successi. Vinse ventenne l'allora prestigiosa Milano-Asti, nel '62 e '63 conquistò il Trofeo delle Regioni: una gara da considerarsi una sorta di campionato nazionale, di quella che diventò per lui la principale specialità, ovvero "la 100 chilometri a squadre". I suoi compagni in quelle due avventure, furono Tagliani, Bongioni e Scandelli. In Nazionale partecipò, nell'amica specialità, ai Campionati Mondiali del 1962 che si tenevano a Roncadelle. Qui fu determinante e superbo. Il quartetto, composto da Danilo, Maino, Zandegù e Tagliani, si trovò a 24 chilometri dal termine a dover far fronte alla improvvisa congestione intestinale di Maino, causata da uno spettatore che, in una giornata caldissima, aveva gettato acqua troppo fredda, addosso al corridore. Grassi fu davvero stupendo nel raddoppiare i suoi sforzi, risultando alla fine determinante per la conquista del Mondiale, davanti alla Danimarca di Ole Ritter. L'anno successivo, nella medesima "100 km a squadre", ai Mondiali di Renaix con Fabbri, Maino e Zandegù conquistò l'Argento, ed un mese dopo, a Napoli, coi medesimi compagni, vinse i Giochi del Mediterraneo. Ad ottobre, dopo aver corso con la Bustese il Piccolo Giro di Lombardia (chiuso al 3° posto), passò professionista con la Legnano dell'Avvocatt Eberardo Pavesi. Una piccolissima esperienza senza risultati e, nel 1964, un altro vecchio direttore sportivo, Alfredo Sivocci, storico avversario di Pavesi, lo portò con sé alla Lygie. Danilo si immaginava diversa l'elite del ciclismo, con più soldi, maggiore assistenza tecnica e logistica. E la presenza in ammiraglia di due famosi "vecchi" come Pavesi e Sivocci, per un giovane come lui e non solo, era più che altro un segno di gerarchia. Ciononostante, Grassi, già nel '64 si mise in luce. Chiuse il Giro d'Italia 87° e, proprio nella conclusiva tappa di Milano, colse il suo miglior piazzamento: 3°. Sempre 3° concluse il Gran Premio Molteni, fu 8° nella Tre Valli Varesine, 18° nel Campionato di Zurigo, 19° nel Trofeo Laigueglia e 20° nel Campionato Italiano. L'anno successivo la Lygie divenne Maino e nell'organico del sodalizio, giunse un grande amico di Danilo, nonché velocista di gran valore: Raffaele Marcoli. Il cambio del nome non aveva modificato lo scarso spessore organizzativo e tecnico della squadra. Ad esempio, ad aiutare Marcoli, giunse il solo Grassi, soprattutto per amicizia, ma in ogni caso i risultati di squadra ci furono, come del resto per lo stesso Danilo. Notevole il suo Giro d'Italia: vinse la tappa Milano-Novi Ligure e chiuse 5° la conclusiva di Firenze. Terminò la Corsa Rosa 79°. Nel resto di stagione, solo il 14° posto nel Gran Premio Ceprano. A fine anno, mise sul piatto la paga non certo molto diversa da quella di un operaio, la fatica e la sua personale certezza di non poter essere uno dei primissimi. Abbastanza per fargli prendere una decisione molto dura: chiudere con l'agonismo, ed entrare da subito nel mondo del lavoro.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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