Bruno Evangelisti

Nato a Cesena il 13 ottobre 1925. Passista veloce alto 1,80 per 69 kg. Professionista dal 1950 al '51, senza vittorie.
Un artista prima che un corridore, ma lo stesso Bruno, come del resto gli osservatori, lo capiranno ad ellisse agonistica terminata. Qualche anno fa il protagonista di questo breve ritratto, dichiarò...che era nato fra le biciclette succhiando la passione per il ciclismo, insieme al latte materno. Una frase che dischiude uno spaccato della sua originalità d'uomo e che rende più luminoso un aspetto antropologico comune, dimensionandolo in una forma poetica. In altre parole, una lessicale fotografia artistica di ciò che è stata per lui una realtà. Già, perché Bruno è figlio di Domenico che, in Cesena, era stato pioniere corridore prima di divenire primaria figura pionieristica di meccanico-mago della bicicletta. Ed il ragazzino Evangelisti crebbe alto e magro, tanto da divenire "Birillo", nomignolo che il ciclismo gli abbinerà per tutta la carriera. Crebbe anche gaio e mattacchione, con una sensibilità ed uno spirito d'osservazione, che si riveleranno appieno nello sport e, soprattutto, nella vita dopo il ciclismo.
I primi anni di attività ciclistica mostrarono un "Birillo" Evangelisti facile al piazzamento, al secondo posto in particolare, ma ben poco vincente. Sbagliava sempre i tempi degli affondi nello sprint, e dire che il guizzo vincente non gli mancava. In quegli anni però, dal 1941 al '43 per intenderci, accumulò esperienza, divenne un fortissimo pistard e ruppe il ghiaccio con le vittorie di un certo prestigio, aggiudicandosi la Coppa Tito Castelvetri a Campiano. L'arrivo della guerra fu per Bruno particolarmente duro: ben presto fu internato in Algeria e rientrò in Italia solo nel 1946. Riprese l'attività ciclistica con la Renato Serra e fu autore di un notevole '47, dove fu uno dei dilettanti più in vista, sia su strada che su pista. Fra le sue vittorie, la Coppa Sminatori, la Coppa Gadoni, il Trofeo Sassoleone e, soprattutto, in modo davvero convincente, il prestigioso Trofeo Pizzoli a Bologna. Su pista, invece, le sue prestazioni lo portano direttamente sul taccuino del CT Proietti che, nel 1948, contava di farne un membro del quartetto d'inseguimento per le Olimpiadi di Londra. E nell'anno olimpico "Birillo" gareggiò pochissimo su strada (vincendo la Coppa Pippo Brasey) e tanto su pista, dove fece incetta di vittorie nazionali ed internazionali, comprese tutte le preolimpiche, divenendo un punto fisso della Nazionale dell'inseguimento a squadre. Capace per il suo spirito allegro di fare da cinghia riconosciuta fra i compagni, era da tutti, stampa compresa, dato per sicuro partente e titolare per Londra. Invece, con una decisione inspiegabile e contestata ovunque, anche dagli stessi atleti, Proietti convocò e schierò Rino Pucci. Morale: nella finale per l'oro, il quartetto italiano si sfaldò, lasciando un facilissimo Titolo alla Francia. Per Evangelisti, la mancata Olimpiade (con un probabile Oro), fu un colpo molto grande. Tornò a correre con uno spirito diverso, potremmo dire minato. Ciononostante, continuò a vincere su pista e su strada. Ad ottobre del '50, passò fra gli indipendenti partecipando al Lombardia dove si ritirò. L'anno successivo divenne professionista con la Ganna, capitanata da Fiorenzo Magni. In primavera si comportò bene alla Milano Torino, al Giro di Toscana e, soprattutto, al Trofeo Matteotti (15°), ma non venne selezionato dalla squadra per il Giro, preferendo a lui compagni anziani, o di minor forma. Amareggiato per l'ennesima delusione, col Giro di Romagna (27°), chiuse col ciclismo agonistico. Successivamente, diede sfogo ad un'altra passione che testimoniava appieno il suo inconscio spirito artistico. Amante dei viaggi e della fotografia, diventò un originalissimo fotografo (anche collezionista di macchine fotografiche), nel tempo referente della Biblioteca Malatestiana di Cesena.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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