Edward Russell Mockridge

"Mocka" (il suo diminutivo sì famoso in Europa), non è stato solo uno dei ciclisti più grandi d'Australia, ma uno dei campioni tra i più incredibili e nel contempo misteriosi della storia del ciclismo. A vent'anni questo "giovanottone" dalla potenza e dalle qualità straordinarie partì, dopo i successi sulle piste australiane, per conquistare l'Europa e quei velodromi un po' diversi nella lunghezza e nel fondo rispetto a quelli aussie. Tra l'altro, l'appuntamento delle Olimpiadi di Helsinki non era poi così lontano.
Di questo ragazzone si diceva un gran bene, ma nessuno si immaginava avesse quella progressione che poi manifestò compiutamente alla prima grande manifestazione e, per taluni aspetti, un mondiale "open" anticipato: il GP di Parigi. Sul velodromo del Parco dei Principi, l'aussie sfoderò una serie di volate da annichilire tutti i più forti velocisti mondiali, professionisti compresi. La sua vittoria fu così convincente da mettere in straordinaria agitazione il mago dei maghi Giudo Costa, commissario tecnico della nazionale italiana, già in possesso di quella che per quindici anni rimarrà la più bella e numerosa generazione di velocisti che un paese abbia mai avuto.
Dopo solo due settimane da Parigi, il calendario presentava al Vigorelli di Milano i campionati mondiali e nel tempio della pista l'Italia non poteva fare cilecca. La sagoma di Russell Mockridge non faceva dormire il tecnico italiano chiamato a dover scegliere i due velocisti da schierare fra i tanti a sua disposizione. Nella mente di quello che rimarrà probabilmente uno dei più grandi tecnici mai esistiti, emerse la convinzione che il grande talento australiano poteva essere battuto solo con due velocisti, di cui, uno, si sarebbe dovuto sacrificare totalmente all'altro.
Allora la velocità proponeva scontri a tre e non a due, dall'inizio del torneo fino alla finalissima. Costa, una settimana prima dei mondiali, radunò i giornalisti (allora presenti a fiotti a seguire le vicende della pista) e, senza mezzi termini, affermò che la finale della velocità dilettanti avrebbe messo di fronte Mockridge e i due italiani che stava per selezionare. Si correva dunque a Milano, ed un giovane milanese doc, Antonio Maspes, godeva di tante e meritate attenzioni, anche perché in possesso di un talento come mai si era visto sui tondini ma, nel contempo, amante come nessuno fra i corridori dell'epoca della bella vita, in particolare notturna.
Fra gli italiani l'ancora numero uno Enzo Sacchi, soffriva particolarmente l'estroso ed emergente Maspes, ancora numero due, ma solo diciannovenne (un anno in meno di Mockridge). Costa sapeva bene che se avesse schierato i due più forti, questi si sarebbero scannati fra loro, a vantaggio della furia australiana, così scelse il gigantesco e resistente Marino Morettini.
Il mondiale andò come aveva previsto Costa, ed in finale arrivarono Sacchi e Morettini contro "Mocka" Mockridge. Vinse Sacchi sull'australiano, ma Morettini fu decisivo e senza di lui, sarebbe stata davvero durissima per l'allora 23enne italiano.
La fama di "Mocka", già nota dopo Parigi, si andò così a rafforzare ulteriormente, fino a farne una stella del mondo dei velodromi. L'Australia in quei tempi non aveva solo Russell, ma anche quell'autentico fenomeno di Sidney Patterson, l'unico nella storia a vincere un mondiale sia nella velocità che nell'inseguimento. Sidney era una persona tanto virtuosa quanto straordinariamente simpatica che ha lasciato ricordi indelebili a tutti i corridori del tempo. Oltre a Patterson c'erano poi "l'ombra" di Mockridge, il velocista Lionel Cox, l'inseguitore Tressider, i mezzofondisti Bunker e, soprattutto, Graham French che conquistò l'iride della specialità nel '56.
"Mocka", a differenza di questi grandi aussie, si faceva riconoscere oltre che per lo straordinario talento, anche per la sua stravaganza ed i repentini cambiamenti di passione. Una dimostrazione la diede proprio nell'anno che lo rese celebre, il 1952. A venti giorni scarsi dall'Olimpiade di Helsinki, Russell si presentò al GP di Parigi nelle vesti di vincitore uscente. Stavolta non poteva giocare sull'arma della sorpresa perché era da tutti temuto. Bene, uno alla volta mise di nuovo in fila ogni avversario, irridendo persino il campione mondiale dei professionisti, l'inglese Reginald Harris, ovvero quello che era considerato il velocista più forte di quei tempi.
Quando tutti si aspettavano Russell Mockridge come l'uomo da battere alle Olimpiadi nella prova di velocità, soprattutto Guido Costa che di Mocka era veramente terrorizzato, l'australiano proprio all'ultimo momento rifiutò di scendere in pista. Lasciò così via libera al connazionale ed amico Lionel Cox che arrivò alla finalissima dove poi fu facilmente sconfitto da Sacchi. Russell si schierò nel "Km con partenza da fermo" e vinse l'oro senza patema alcuno e poi, assieme a Cox, andò a vincere il titolo olimpico anche nella velocità-tandem. Fu un vero capolavoro, anche se sono in molti a pensare che le medaglie potevano essere addirittura tre, se solo avesse avuto il coraggio, o la volontà, di schierarsi anche nella velocità individuale.
Una prova la diede anche nel tandem, quando, stando in posizione posteriore, quella di chi ha più potenza, spinse il "pilota" Cox ad una portentosa rimonta in semifinale, ai danni della coppia azzurra composta da Cesare Pinarello e Antonio Maspes.
La sua progressione aveva fatto il giro del globo, al punto che il mondo delle "sei giorni" fu ben lieto di poterlo accogliere. La caccia ad un compagno come lui capace di quei repentini cambi di ritmo, andò in parte delusa, perché Russell iniziò quello che potremmo definire una sorta di dubbio amletico circa il suo futuro in bicicletta. Anche nei caroselli delle "sei giorni" i suoi valori fuoriuscirono, ma non lineari come si poteva pensare e, alla fine del 1954, senza nessun successo all'attivo, cambiò completamente rotta tra lo stupore di tutti: decise di diventare stradista con l'intento di partecipare al Tour de France.
Per lui, velocista dal fisico possente, improvvisarsi stradista era per gli ortodossi del ciclismo come bestemmiare. Ma le virtù di "Mocka" non si conoscevano fino in fondo. "Ci vorranno anni - diceva Russell - ma alla fine diventerò un buon stradista".
Ed infatti, l'incredibile Mockridge, al primo anno utile, il 1955, partecipò al Tour de France finendolo al 64° posto e, alla fine dell'anno, vinse a Parigi con Reginald Arnold e Sidney Patterson la sua prima ed unica "sei giorni". Nel 1956-'57-'58 vinse i campionati australiani su strada dimostrando costanti miglioramenti. Ormai era pronto per essere protagonista anche su quel terreno, ma proprio nell'anno che doveva essere della consacrazione, trovò un autobus sulla sua traiettoria d'allenamento, ed anche la sua corazza da gladiatore non ebbe scampo. Doveva ancora compiere 30 anni.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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