Giro di Lombardia, la corsa che Coppi amava

Giro di Lombardia, la classicissima di chiusura. Giro di Lombardia, la corsa delle foglie morte. Giro di Lombardia, la corsa che Coppi amava.
Effettivamente la corsa, sul suo percorso classico degli anni '40 e dei primi anni '50, sembrava fatta su misura per il grande Airone. Coppi, infatti, poteva produrre una netta selezione lungo le rampe del Ghisallo, arrivare solo con un buon margine alla chiesetta e dilatare il suo vantaggio nella lunga galoppata verso Milano, sfruttando le sue mirabili doti di passista.
Eppure, i primi rapporti tra il Campionissimo e la grande classica lombarda non furono esaltanti.
Siamo al Giro di Lombardia del 1939. Nell'elenco generale degli iscritti pubblicato da "La Gazzetta dello Sport" troviamo "36. Coppi Fausto - Castellania". Trentasei: un numero che spesso porterà fortuna a Coppi. Il ragazzo è alto, magro e timido. Sopra le ossa porta la maglia gialla bordata di rosso del "Dopolavoro di Novi Ligure". La maglia è un po' stinta e gli scarpini frusti però i calzini sono bianchi e puliti. E' un segno che il ragazzo ci tiene a tenersi in ordine e poi .... che vuoi di più? E' un indipendente. Quindi non è accasato e corre a sue spese senza assistenza, magari con qualche piccolo aiuto del Dopolavoro.
Coppi Fausto da Castellania è uno sconosciuto per il grande pubblico. Non lo è invece per Eberardo Pavesi, "l'avocatt", astuto direttore sportivo della Legnano, che ha già in tasca un contratto firmato da quello "spirlunga" che nel 1940 vestirà la maglia verdeoliva come gregario di Gino Bartali.
Pavesi ha fatto bene i suoi conti: "Ch'est chì el va propi ben per fa' da gregari al Gino. El Gino el parla sempre ch'el par 'na machinèta, el spirlunga el parla mai. Sì, sì, l'è propi quel che ghe vurèva."
Forse nemmeno il lungimirante Pavesi si rende conto di quanto possa valere realmente lo "spirlunga" ma se ne accorgerà fra sei o sette mesi.
Il "Lombardia" del 1939 viene vinto da Bartali mentre Coppi non si mette in evidenza.
In un anno cambiano tante cose. Nel 1940 il semisconosciuto Coppi vince a sorpresa il Giro d'Italia e scoppia la guerra. Al Giro di Lombardia Fausto si schiera al via indossando la maglia rosa del Giro d'Italia e Bartali quella tricolore di campione italiano. Gino fa la corsa dura, sul Ghisallo stacca Coppi e tutti gli altri e giunge a Milano con quasi cinque minuti su Osvaldo Bailo, il nipote di Girardengo. Coppi giunge sedicesimo a pari merito con tutto il gruppo.
In questo momento il ventiseienne Gino è nettamente superiore in salita al ventunenne Fausto.
La guerra travolge il mondo ed il ciclismo cerca di sopravvivere malgrado tutto. Terminato il conflitto, la prima classica ad essere organizzata nell'autunno del 1945 è proprio il Giro di Lombardia. Vince a sorpresa, con una fuga solitaria, Mariolino Ricci. La volata dei delusi vede Bini precedere Bartali.
L'idillio fra Coppi e il "Lombardia" scoppia nell'edizione del 1946. Fausto è passato alla Bianchi e Gino è rimasto alla Legnano. Fausto ha vinto la "Sanremo" e Gino il "Giro". Il Giro di Lombardia è una specie di "bella". Fausto porta il numero 101 e Gino l'11: una strana concomitanza di cifre. La battaglia però non c'è. Bartali cade e si ritira, Coppi domina sul Ghisallo ma deve aspettare l'arrivo per battere Luigi Casola e Michele Motta. Comunque, è il primo sigillo.
Il Giro di Lombardia del 1947 si presenta a parti invertite rispetto all'anno precedente: Gino ha vinto la "Sanremo" e Fausto il "Giro". La rivalità tra i due è al massimo. Fausto porta il numero 15 e Gino il 32. Ci si aspetta una grande battaglia e grande battaglia è. Piove e fa freddo, Fausto indossa la maglia tricolore di campione italiano, in testa ha un cappellino biancoceleste tenuto fermo dall'elastico di un paio di occhialoni da motociclista. Sul Ghisallo Coppi abbandona la compagnia e lo rivedranno all'Arena. L'unico a non mollare è Bartali che, pur pagando un sonoro tributo in minuti, giunge secondo dopo essersi trascinato alla ruota uno stremato Italo De Zan.
Edizione 1948. Non è stata una grande stagione per Coppi. Ha vinto la "Sanremo" ma con qualche affanno, al "Giro" si è ritirato per protestare contro le spinte ricevute dalla maglia rosa Fiorenzo Magni in salita. Per di più il vecchio Gino è stato strepitoso vincendo il suo secondo "Tour". Al "Lombardia" Gino non c'è, un po' perché sta lavorando a "metter su" la sua fabbrica di biciclette e un po' perché, ormai, il suo "feeling" con la corsa delle foglie morte si deve essere definitivamente interrotto: "L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare. 'Un si po', al giorno d'oggi, con le strade d'oggi e le biciclette d'oggi mettere 'l Ghisallo così lontano dall'arrivo. Uno si danna l'anima per fa' selezione 'n salita e poi si trova sessanta chilometri di discesa e pianura dove possono rientrare anche zoppi e storpi."
La brontolata di Gino è proiettata più nel futuro che nel presente, tanto è vero che Fausto, con il fatidico "36" sulla schiena e sollevato dal peso di trovarsi il rivale alle costole, parte sul Ghisallo e giunge a Milano con quasi sei minuti su Leoni. E tre!
Che dire dell'edizione 1949, l'anno magico di Coppi? Quando un campione vince tutto ad esclusione del mondiale, corso su una ignobile aia, non può che vincere anche il "Lombardia". Non c'è Bartali neanche questa volta e Fausto, in maglia tricolore, scatta sul Ghisallo e giunge solo al Vigorelli come in una recita già vista. E quattro! E tutte di fila!

Il 1950 non è stato un anno fortunato per Coppi, costretto a fermarsi a lungo per la brutta caduta di Primolano al Giro d'Italia. Si presenta al via del "Lombardia" preparato a puntino per finire in bellezza la stagione. Fausto ha pensato a tutto: bici leggerissima, cambio Campagnolo modello Paris-Roubaix che consente di effettare la "cambiata" azionando una sola leva anziché due, telaio spoglio, niente pompa, niente borracce. Solito attacco sul Ghisallo con il solo Renzo Soldani a resistergli. Soldani, ventiquattrenne toscano, pupillo del sempiterno Eberardo Pavesi, non gli dà molto aiuto nella fuga a due verso Milano e riescono a rientrare Donato Zampini e Toni Bevilacqua. Sul parquet del Vigorelli Soldani coglie una vittoria che vale una carriera. Coppi è terzo dietro Bevilacqua. E' sfumata la cinquina.
Le brontolate di Bartali non erano infondate, con il passare del tempo diventa sempre più difficile vincere per distacco il Giro di Lombardia. Nel 1951 infatti sul Ghisallo restano insieme una decina di corridori. Volata al Vigorelli: parte lungo alla corda Giuseppe "Pipaza" Minardi, Coppi tenta la rimonta ai duecento metri, Louison Bobet prende la sua ruota e infila tutti. Primo Bobet, secondo Minardi, terzo Coppi.
"Pipaza" Minardi si rifà vincendo l'edizione del 1952.
Nel 1953, Coppi, neo campione del mondo, non partecipa. Fiorenzo Magni potrebbe vincere il suo primo "Lombardia" ma l'errata segnalazione di un vigile gli fa sbagliare strada dando via libera al successo del semisconosciuto Bruno Landi.
Nel 1954 arriva il quinto sigillo. Piove e fa freddo. Coppi si protegge per benino: un fazzoletto bianco annodato alla cow boy intorno al collo e il casco in testa perché non si sa mai. Sa che ormai è difficile fare una grossa selezione sul Ghisallo e pensa a qualche altro stratagemma.
Per l'occasione sono passati professionisti molti giovani di belle speranze e si vogliono mettere in mostra. Sul Ghisallo fanno fuoco e fiamme Aldo Moser della Torpado e Valerio Chiarlone della Welter. Dopo il Ghisallo, come si calmano le acque, Coppi parte a sorpresa, in discesa. Ecco la variante d'ingegno! Coppi va ma, come aveva preconizzato Bartali "il traguardo l'è troppo lontano!". Magni riporta un gruppetto sul fuggitivo. L'azione di Fausto è servita comunque a scremare il gruppo. Si va verso la volata e qui bisogna inventarsi sprinter. Il gruppetto entra in piena velocità sul parquet del Vigorelli sfiorando con rischi da capelli bianchi il muro delle tribune da una parte e la porta a vetri di ingresso nella cucina del rubizzo Battista, indimenticabile custode della pista milanese.
E Coppi inventa la volata. Parte lunghissimo ai trecento metri. Sembra un suicidio e invece nessuno lo passa. L'Airone biancoceleste, con il casco in testa e il fazzoletto bianco - si fa per dire - annodato intorno al collo alla cow boy, piomba primo sul traguardo. I battuti sono Fiorenzo Magni, Mino De Rossi e Rik Van Looy, fior di velocisti. Cinquina!
Per l'edizione del 1955 Coppi si schiera alla partenza con il numero 1 spillato sulla maglia tricolore di campione italiano appena conquistata. Il Giro di Lombardia diventa sempre più difficile da interpretare. In una volata atipica vince Anacleto Maule detto "Cleto" da Gambellara, un neo professionista compagno di squadra di Aldo Moser alla Torpado. Il battuto è il belga Fred De Bruyne.
Nel 1956 il Campionissimo va per i trentasette e si mette in proprio. Lascia la Bianchi per approdare alla Carpano-Coppi. Una caduta al Giro d'Italia gli toglie la possibilità di essere in corsa nella tremenda giornata del Bondone e gli fa perdere parte della stagione. Si prepara a puntino per il "Lombardia" in cerca della sesta vittoria. Sul Ghisallo attacca il romagnolo Diego Ronchini in maglia Bianchi. Ronchini è passato professionista per l'occasione e tutti ne dicono un gran bene. Coppi raggiunge Ronchini e i due filano verso Milano. Il vecchio campione e la giovane speranza. La fuga sembra andare in porto anche perché nel gruppetto degli inseguitori Fiorenzo Magni non si danna l'anima forse per ricambiare Coppi del favore dell'anno prima nella tappa di San Pellegrino al "Giro". Ma, come verrà rivelato poi, il classico gesto dell'ombrello, rivolto a Fiorenzo dalla Dama Bianca che segue la corsa su un'auto dell'organizzazione fa saltare la mosca al naso al campione toscano-monzese. Magni collabora all'inseguimento con veemenza e i fuggitivi vengono raggiunti. Diciotto corridori entrano sparati in fila indiana al Vigorelli sfiorando, come al solito, il muro e la vetrata della cucina. Magni è in testa e tira come un assatanato. Sul rettilineo opposto a quello d'arrivo, ai duecentocinquanta metri, Coppi produce lo sforzo e supera al largo Magni. E' in testa all'ingresso del rettilineo d'arrivo mentre gli spalti sono una bolgia infernale. Poi, dall'alto della curva, piomba su di lui a velocità doppia Andrè Darrigade detto "Dedè" e vince. Fausto è secondo. Il Vigorelli piomba in un silenzio irreale. Il Campionissimo si lascia andare ad un pianto dirotto. Finisce così, tra le lacrime, la storia di un grande amore
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