Erik Zabel

Nato a Berlino Est il 7 luglio 1970. Velocista. Professionista dal 1992 al 2008, con 239 vittorie.
Un atleta forte, serio, gentile, onesto e persino simpatico ai colleghi, nonostante la naturale spinta all'antipatia, che può sorgere su chi vince tantissimo come lui. Una dimostrazione di doti umane che fanno di Erik Zabel una bellissima figura e sulla quale ogni elogio è sempre giustificato e corretto. E dire che si muoveva negli sprint divenuti, nell'era contemporanea, ancor più caotici rispetto al passato lontano, dove le scorrettezze, talvolta dettate dalla stessa dinamica imposta dai treni, sono da considerarsi quasi una realtà. Uno che non s'è mai abbandonato alla lagna, che ha pure subìto dei torti dalla squadra a cui ha dato tanto, ed uno che si è sempre migliorato assestando le sue dinamiche agonistiche, sul metro del massimo possibile, al netto del peso, del suo fisico, dei tanti anni di carriera. Pure geniale nel capire la necessità di frequentare la pista d'inverno, al fine di tenere fluide le pedalate e la ritmicità, dimostrando di essere lui stesso il miglior tecnico possibile per sé. Al dunque della montagna di facoltà a monte, s'è eletto atleta veloce che non ha mai mortificato i percorsi ed illuminato ogni gara col massimo dell'impegno, giungendo ad essere il velocista che più teneva in salita e che si poteva determinare, da solo, come l'icona di una prova come la Milano Sanremo, divenuta negli anni cerebrale, per non dire la più facile e, perciò complicata, delle classiche. Classica che ha vinto quattro volte, potremmo dire cinque, perché una se l'è giocata per l'entusiasmo che gli stava sopraggiungendo, facendosi beffare da Freire. Oppure quando concludeva i Tour de France in Maglia Verde o in lotta per la stessa, come un segno di serietà esemplare, nonostante le montagne e, ancora una volta, la poca tutela da parte delle formazioni in cui ha militato. Dire ad uno come Erik, "chapeau", è d'obbligo, prima ancora della naturale volontà che viene ad ogni sportivo che ha avuto la fortuna di vederlo all'opera. Una sintesi veloce delle sue 239 vittorie e dei tanti piazzamenti di pregio ci portano in dote grandissimi numeri. È stato due volte Campione tedesco su strada (1998-2003); 2 volte Campione tedesco di Criterium fra i dilettanti (1990 e 1992); 4 Milano Sanremo (1997-1998-2000-2001); 3 Parigi Tours (1994-2003-2005); 3 GP di Francoforte (1999-2002-2005); Amstel Gold Race (2000); 6 volte vincitore della Classifica a Punti del Tour de France (1996-1997-1998-1999-2000- 2001); 2 volte vincitore della Classifica a Punti della Vuelta di Spagna (2003-2004); 12 tappe al Tour de France; 8 tappe alla Vuelta di Spagna; Numero Uno del Ranking UCI nel 2001 e 2002; Coppa del Mondo (2000); 13 Sei Giorni. La rifrazione dei suoi successi su strada, da professionista, ci evidenzia: 7 successi nella Classifica Generale in corse a tappe contenute nella settimana; 11 vittorie nelle Classifiche a Punti, 122 tappe vinte; 2 Campionati Nazionali, 2 Gare dietro Derny, 51 Criterium, 28 corse in linea; una Speciale Classifica (World Cup).
Analizzando poi il suo ruolino anno per anno, sempre da professionista: 1992 - 2 vittorie; 1993 - 6 vittorie; 1994 - 9 vittorie; 1995 - 10 vittorie; 1996 - 14 vittorie; 1997 - 28 vittorie; 1998 - 20 vittorie; 1999 - 16 vittorie; 2000 - 22 vittorie; 2001 - 31 vittorie; 2002 - 23 vittorie; 2003 - 15 vittorie; 2004 - 10 vittorie; 2005 - 8 vittorie; 2006 - 10 vittorie; 2007 - 8 vittorie; 2008 - 5 vittorie.
Erik Zabel, figlio di Detlef corridore dilettante soprattutto pistard, è cresciuto nella DDR, ma non passò al ciclismo per "suggerimento" dei funzionari di Stato, bensì per vocazione potremmo dire di famiglia. Oggi, ad esempio corre fra i professionisti con buone speranze di successo, suo figlio Rick. L'ultima corsa di Eric Zabel è stata la Parigi Tours 2008 e non si contano gli occhi lucidi che coinvolsero l'intorno dopo che il grande Erik aveva superato il traguardo. Nella sua carriera manca solo quella Maglia Iridata che ha sfiorato tre volte: nel 2004 e 2006 finì 2°, mentre nel 2002 fu 3°. Un grandissimo comunque. Basti citare a come si mise a disposizione di Alessandro Petacchi negli ultimi anni di carriera. Certi aspetti contano più delle insegne e Zabel, l'iride alla carriera lo merita eccome! Chissà che fra i tanti balzelli di semplice ricerca di denaro da parte dell'UCI, non venga in mente a quello strano governo deturpatore di ciclismo, un'opera buona: l'istituzione di una semplice laurea honoris causa ad atleti che, come Erik, si sono meritati in carriera qualcosa di più della fredda statistica condita di parole di mera circostanza.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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