Kurt Stoepel

II tedesco Kurt Stoepel, atleta di poche parole ed alquanto timido, salì alla ribalta nel 1930, arrivando quarto nel Campionato Mondiale di Liegi. Poche settimane prima era stato preceduto di poco dal connazionale Buse nel Giro di Germania. Nel 1931 anche Stoepel lasciò i patri lidi e le strade casalinghe per avventurarsi al Tour de France. Era un'esperienza nuova, un tentativo d'imporsi nell'agone internazionale, insomma una ricerca della propria strada. Ma ottenne dei piazzamenti solamente in alcune frazioni. L'anno seguente Stoepel cambiò direzione e scese in Italia per cercare nel Giro quello che non aveva trovato in Francia. Si correva una edizione degli anni ruggenti. Un percorso di 3.232 km. con 13 tappe e con partenza da Milano, una puntata ad oriente sino alla città di Udine e quindi la discesa lungo « l'Adriatico selvaggio / verde come i pascoli de' monti ». Poi da Foggia, attraverso l'Appennino, una puntata a Napoli e quindi via a risalire la Penisola lungo le strade della Toscana, della Liguria fino al Piemonte con le sue vette alpine. Infine rientro nella capitale lombarda. Kurt Stoepel fece il suo dovere e tirò avanti con la cocciutaggine propria della sua gente. In classifica generale figurò quinto, preceduto da nomi che erano tutta una garanzia per quel piazzamento onoratissimo. Stoepel era preceduto nientemeno che da Learco Guerra, Remo Bertoni, Jeff Demuysère e da Antonio Pesenti, quest'ultimo in quell'anno in particolare stato di grazia. Il tedesco sentì che era andata bene e quindi prese subito la strada di Parigi per schierarsi nuovamente al Tour del quale fu uno dei protagonisti. Ottenne una vittoria di tappa a Nantes, dove vestì pure la maglia gialla, ed un brillante secondo posto conclusivo. Fu il trionfo, ed era tutto quanto il ciclismo poteva riconoscere a Kurt Stoepel. Ma questo lui non lo poteva sapere e l'anno successivo si presentò con baldanza e sicurezza alle due prove più dure e cioè al Giro d'Italia ed al Tour de France. Ma non si trovò e, a parte alcuni secondi e terzi posti di tappa, non ottenne altro. Cominciava la parabola discendente che arriva tosto per ogni corridore ciclista che non possiede la stoffa del fuoriclasse, cioè quella facoltà di rigenerarsi, di recuperare le forze perdute, al posto di accumularle. E Kurt Stoepel faceva parte di quella grande schiera di uomini coraggiosi che sanno dare tutto di se stessi, accontentandosi anche di vantaggi limitati. Nel 1934 vestì la maglia di campione tedesco e fu il suo canto del cigno.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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