Italo Donadi

Nato a Breda di Piave il 23 gennaio 1936, deceduto a Treviso il 2 settembre 2006. Stayer e stradista. Professionista dal 1966 al 1971, senza vittorie su strada.
Una storia sportiva davvero anomala, la sua. Nato in un cuore d'amore ciclistico quale è da sempre il trevigiano e all'interno d'una famiglia che non deviava per nulla da quelle che erano le antropologie di zona, Italo si trovò, suo malgrado, a non poter praticare con una certa costanza, o semplice logica, lo sport che aveva nel sangue. La vita e le necessità, lo portarono a lavorare presto e a inforcare l'amato mezzo, solo per fare, di fatto, il cicloamatore. A ventiquattro anni, nel 1960, si trovò per motivi di lavoro a dover emigrare in Svizzera, nella zona di Zurigo, guarda caso nel circondario di un impianto, il Velodromo di Oerlikon, che era allora un mito del ciclismo su pista, ed uno dei pochi che, ancora oggi, svolge una funzione in questo sport, anche se ridimensionata a briciole, a causa della rivoluzione mefitica che il ciclismo è costretto a vivere per voleri dell'UCI. Ed Italo Danadi, proprio in quell'impianto, grazie a quel pezzo di carta che lo collocava fra i dilettanti di categoria "B", cominciò ad esibirsi ed a mostrare talento e prospettiva, nonostante l'età. Le sue esibizioni, soprattutto nel mezzofondo, colpirono l'occhio raffinato di un grande campione degli anni cinquanta che, proprio su pista, aveva colto e scolpito i primi vagiti: Hugo Koblet. Costui diede forza e consigli al trevigiano, fino a spingerlo a praticare in modo più costante la disciplina degli stayer. E fu così che Donadi riuscì a passare di categoria entrando fra i dilettanti e, nel 1963, a partecipare ai Tricolori nel mezzofondo, dove il solo Egidio Maistrello, riuscì ad anticiparlo. Ma l'anno seguente, nello scenario leggendario del Velodromo Vigorelli di Milano, Italo si laureò Campione Italiano, prendendosi la rivincita proprio su chi lo aveva battuto l'anno prima, che, guarda caso, correva in casa. Selezionato per i Mondiali di Parigi, Donadi fu però eliminato in batteria. Divenuto attrazione e ritrasferitosi in Italia, a Cavriè, altra località del trevigiano, Italo nel '65 finì di nuovo secondo ai Tricolori e nel 1966 passò professionista. Ai Campionato Italiani fu terzo dietro i "mostri sacri" De Lillo e Pellegrini. Nel '67, trovò accasamento presso l'Amaro 18 Isolabella, gareggiando anche su strada: chiuse 29° il Giro del Ticino. In pista, tornò ad un bel piazzamento nel 1970, quando finì terzo ai Campionati Italiani di mezzofondo. Poi, un grave infortunio, lo costrinse a chiudere col ciclismo agonistico.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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