Cees Haast

Nato il 22 dicembre 1938 a Rijsbergen. Scalatore. Professionista dal 1963 al '69 con 5 vittorie.
Negli anni '60, questo olandese piccolino e gladiatorio, con un amore particolare verso le salite, fece sobbalzare più di una volta i connazionali e l'osservatorio, per come sapeva smentire la convinzione che dalla terra dei tulipani, uscissero solo ciclisti alti, biondi, formidabili passisti e velocisti. Cees era castano, con pochi capelli, un fisico alla Taccone, ed un comportamento latino, anche se mai eccentrico come l'abruzzese. Un tipo che, alle doti non certo eccelse, ma comunque buone, aggiunse la sfortuna che si unì a lui sempre o quasi, nella corsa che più amava: il Tour de France. Gli inizi del piccolo Haast non furono facili, non era proprio tagliato per le corse ed i circuiti olandesi. Grazie agli scatti rabbiosi sulle cote però, riuscì a trovare sostegni, fino a dare gambe a quei miglioramenti complessivi che lo fecero arrivare ai prof-indipendenti. Qui, ormai 25enne, si tolse la soddisfazione di vincere una corsa a tappe di riferimento, come il Tour de Saint Laurent, in Canada.
Ciò gli valse il contratto con la Televizier, per il 1964. Ed ottima fu la sua stagione d'esordio. Nell'anno fece una buona Roubaix, fu 2° ad Ossendrecht, 3° nella Mijl Van Mares. Andò al Giro di Svizzera che chiuse 12° e sfiorò il successo nel Campionato Olandese: 2°. Arrivò il Tour de France e qui incocciò subito in una serie di avversità, che gli resero il ginocchio destro gonfio come un melone. Ma lui era un combattente, ed arrivò a Parigi, certo 39°, ma primo della Televizier. Selezionato per i Mondiali a Sallanches, fu gran spalla nel trionfo del connazionale Janssen: chiuse 35°. Il '65 doveva essere il suo anno, ed infatti, dopo un'ottima primavera (buone classiche e 4° all'Henninger Turm), si presentò alla Grande Boucle col piglio di chi poteva far classifica. Ben piazzato nella Generale (7°), attaccò nella tappa alpina Gap-Briancon, passò primo sul Vars, ma finì 6°, la stessa posizione conquistata in Classifica. Il giorno dopo, nel tappone che da Briancon portava ad Aix les Bains, seguì subito l'attacco di Jimenez sul Lau-taret, ma incappò, per uno scarto improvviso, in una caduta tanto banale quanto pesante, aggravata dal fatto che la leva del freno gli aveva provocato una profonda e lunga ferita alla coscia sinistra. Il copioso sangue, ed i consigli di ritiro non lo fermarono, ma dopo qualche chilometro, il medico di corsa, con la forza, lo costrinse allo stop. L'immagine di Haast piangente come un bimbo, entrò nella storia del Tour.
Nel '66, giunse finalmente a segno: vinse la 7a e la 13a tappa della Vuelta di Spagna, conclusa poi 8°; indi fu 8° nel "Delfinato", 2° nel Campionato Olandese, 10° nell'Henninger Turm e 21° al Mondiale. E al Tour de France? Vinse la Cronosquadre di Tournai e, quando era 9° nella Generale, ancora una volta una caduta lo tolse di mezzo. Arrivò a Parigi 36°. Nel '67 fu 5° alla Vuelta e finì 14° il Tour, ma sempre malconcio per incidenti. L'anno dopo passò alla Bic di Anquetil ed Aimar, per aiutarli (in Francia era popolarissimo). Vinse la 2a tappa del Giro di Lussemburgo chiuso 2°, fu 20° alla Vuelta e 22° al Giro d'Italia. Ormai gregario, nel '69, prima di chiudere anche per l'ennesimo incidente, fu 9° nel Campionato d'Olanda, 32° alla Vuelta e 63° al Tour.
Articolo inviato da: Maurizio Ricci (Morris)
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