Serge Parsani, il francese bergamasco

Rivista Tuttobici Numero 11 - Anno 2008

Serge Parsani, il francese bergamasco

di Gino Sala

Ci sono momenti incancellabili nella vita del cronista, momenti che rimangono impressi nella memoria e uno di questi per me risale all'estate del 1979.
Ero al Tour de France con la vettura de L'Unità appostata sul lato destro della strada, in una posizione che non piaceva a Felix Levitan, direttore della Grande Boucle. «Avanti o indietro», mi disse con voce perentoria.
Ero in attesa di Serge Parsani, gregario di professione, impegnato in una fuga solitaria. Verrà poi raggiunto dall'olandese Knetemann, vincitore della volata a due, ma squalificato per comportamento irregolare. E che gioia per me nel vedere l'umile e valoroso Serge che si godeva gli applausi di Digione.

Parsani, nato a Gorey (Francia) da genitori bergamaschi, primattore anche in una tappa del Giro d'Italia, nella Cagliari-Sassari e nel Giro delle Marche, sempre nella Bianchi a fianco di Gimondi, Baronchelli, Contini, Knudsen e Van Linden, professionista dal 1974 al 1983, altezza 183 centimetri, peso 74 chili, uno scudiero dotato di intelligenza e di fervore, poi tecnico della Quick Step di Bettini, Boonen e Visconti e adesso massimo esponente dell'associazione internazionale dei direttori sportivi. Parsani il taciturno, un personaggio che misura le parole, dotato di una modestia esemplare. «Ho dato tanto e ricevuto tanto», confida. Non ha nulla da rimpiangere, nulla cui aggrapparsi per lamentare episodi che lo hanno limitato. Un uomo che piace per la sua serietà e la sua visuale.
Un dirigente dopo essere stato un buon corridore. Sentite. «Abbiamo un ciclismo bersagliato da gravi problemi e per fortuna seguito da milioni di appassionati. È compito di chi occupa posizioni di comando lavorare per migliorare un prodotto che necessità di efficaci interventi. Rimanere fermi, sordi davanti ad una preoccupante situazione significherebbe precipitare nel peggio. Il richiamo è per tutti. Per i corridori e per chi li governa. I corridori non possono essere figli di un'attività disordinata, di scarsi allenamenti e di altro ancora. C'è meno fantasia, meno stimoli, c'è un calendario da rivedere per renderlo più umano e ad ogni livello l'impegno deve prevalere sul pressapochismo. Guai se lasciano le cose come stanno...».
Grazie Parsani per il tuo modo di pensare e di agire. Spero tanto che le tue parole e le tue osservazioni siano uno squillo di tromba per richiamare l'intero movimento agli incombenti doveri. E via, a casa, chi sgarra, chi appartiene alla categoria dei disonesti. Sono tanti e per colpa loro il ciclismo ha toccato il fondo. Far piazza pultia è la parola d'ordine se vogliamo puntellare un palazzo coi piedi d'argilla.