Giuseppe Fezzardi, non solo gregario

Rivista Tuttobici Numero: 4 Anno: 2006

Giuseppe Fezzardi, non solo gregario

di Gino Sala

Uno degli errori che commettono i genitori desiderosi di avere un figlio corridore è quello di mettere in sella il loro rampollo in tenera età allo scopo di renderlo competitivo al più presto. Ho assistito a scene deplorevoli, a padri e madri indispettiti del comportamento del ragazzino di sette anni che era giunto secondo in una gara di giovanissimi. Soltanto secondo e non primo per aver perso nella volata conclusiva. Male, malissimo per due motivi. Anzitutto perché ciò non fa parte della buona educazione e tantomeno della crescita atletica. Divertirsi sta bene e per favore non si vada più in là. Prima delle quindici primavere non si dovrebbe correre e questo è un pensiero che mi viene dalle parole di Giuseppe Fezzardi. Sentite: «Fino a 21 anni ho lavorato come operaio in una valigeria e poi sono entrato nella massima categoria con l'ausilio di trentacinque vittorie raccolte tra i dilettanti. Mi vengono i brividi quando vedo i bambini usati nel peggiore dei modi...».

Fezzardi, un varesino di Arcisate, nato nel dicembre del 1939, altezza 1,75, peso 69 chili, professionista dal '61 al '71, cinque successi tra i quali figurano il Giro della Svizzera del '63, la Tre Valli Varesine e una tappa del Tour de France, come a dire che Giuseppe non è stato soltanto un apprezzato gregario. Tempi lontani, quando la parola d'ordine era quella di assistere al meglio il capitano. Scarse, di conseguenza, le giornate di libertà.

«Per mantenere il posto e lo stipendio la fatica era tanta anche perché le competizioni erano più lunghe, più impegnative rispetto a quelle di oggi. Si arrivava stanchi e chi faceva il furbo veniva giudicato come uno che non aveva lavorato a sufficienza», sottolinea Fezzardi. E poi: «Se devo far paragoni col passato, resto del parere che limitare gli impegni ai 200 chilometri come si verifica nel calendario del Duemila, non è produttivo. Meno corse, semmai, ma su distanze più robuste...». Faccio notare che da giugno in avanti molti ordini d'arrivo sono composti da una trentina di classificati su 140 partenti. E Fezzardi, che essendo il pilota del camper della Lampre e quindi un collaboratore della compagine guidata da Beppe Saronni, ha modo di osservare e di capire si pronuncia così: «Temo che non siano molti a rispettare il codice del buon corridore».

Fezzardi merita i miei complimenti per aver onorato la professione e mi riporta ai tempi in cui tutto era più lineare, più semplice e più produttivo. So bene di ripetermi, di apparire come un incallito passista, ma sono anche convinto che il ciclismo dei nostri giorni è per molti versi carente, bisognoso di profonde correzioni. So anche che tornare indietro è impossibile ma perdiana, diamoci una regolata se vogliamo salvare il salvabile. Devo aggiungere che sceso dalla bici con guadagni che gli hanno permesso di farsi una casa, Giuseppe è stato assunto in Provincia, cosa che ha contribuito al raggiungimento di buoni traguardi per le due figlie, una laureata in biologia e l'altra in legge. È un storia esemplare, la sua, dove hanno la loro importanza robusti colpi di pedali.