Claudio Chiappucci, l'assolutista

Rivista Tuttobici Numero: 10 Anno: 2006

Claudio Chiappucci, l'assolutista

di Gino Sala

Come i lettori avranno intuito le mie scelte nei Visti da vicino derivano da pensieri del momento che non hanno un filo conduttore. Mi va di prendere in considerazione un elemento che non ha mai vinto, mi sollecitano coloro che tanto hanno dato e poco o niente hanno ottenuto, penso sia doveroso ricordare tutti gli attori che mi hanno tenuto compagnia in tanti anni di avventure ciclistiche. Vivere in mezzo al gruppo significa capire, conoscere, partecipare, intuire. Giusto com'è avvenuto nella stagione 1985, quando un ragazzo nato ad Uboldo (Varese) il 28 febbraio 1963 è entrato nel mondo dei professionisti.

Un passista scalatore, 1,72 di altezza, 65 chili di peso, di nome Claudio e di cognome Chiappucci, squadre di militanza la Carrera dei Roche, dei Visentini e dei Bontempi. Lui, Chiappucci, era un giovane apprendista, un aiutante che per tre anni è stato un ottimo gregario e che poi è diventato un campione conquistando 62 vittorie a conclusione di una lunga carriera.
Impara l'arte e mettila da parte, un antico proverbio che si confà a colui che per il suo dinamismo è stato definito "el diablo", il diavolo del plotone, l'inventore di tante azioni che accendevano le corse. Bei tempi per il nostro ciclismo, i tempi della rivalità tra Claudio e Gianni Bugno, un periodo sfavillante, ricco di tensioni e di risultati che provocavano discussioni a non finire.

Primo successo di Chiappucci nella Coppa Placci (1989), poi la Milano-Sanremo con una fuga solitaria, il Giro dell'Appennino, il Gran Premio di San Sebastian, la Tre Valli Varesine, il Giro del Piemonte, il Giro di Catalogna, la Settimana Catalana, il Giro dei Paesi Baschi, tre tappe del Tour de France, eccetera, eccetera. Tantissimi i piazzamenti. Due volte secondo nella classifica finale del Tour, una alle spalle di Lemond, l'altra dietro a Indurain, secondo anche nei Giri d'Italia del '91 e del '92, secondo nel campionato mondiale di Agrigento vinto da Leblanc, un Chiappucci mai domo, sempre in prima linea, sempre in polemica con chi contava le pedalate.

Un gladiatore ad oltranza, insomma. Ma anche un tipo che non sapeva crearsi simpatie, amicizie, utili alleanze. Già, il difetto di Claudio era quello di voler tutto a qualsiasi costo. Non era per niente un calcolatore, era nemico delle concessioni o regalini che dir si voglia. Un assolutista che infastidiva i colleghi e per questo motivo in più di una circostanza si è circondato di oppositori che lo hanno messo in croce, però al di là degli errori di cui non si è mai pentito, per me Chiappucci rimane un eccellente lottatore, un tipo che ha dato spettacolo. Mi chiedo cosa avrebbe ottenuto se madre natura lo avesse dotato di una diplomazia che ha distinto altri capitani. Forse di più o forse di meno perché è difficile correggere atleti che si esaltano rischiando, perciò concludo con un evviva per Claudio, per il suo modo d'interpretare il mestiere, per l'impegno che ha raccolto tanti consensi e tanti evviva.