Aldo Pifferi

Nella storia del ciclismo ci sono degli anonimi che rimangono tali, anche dopo il raggiungimento di qualche bersaglio. Oddio, lo sono per molti, anzi per troppi, almeno quanto basta per riesumarli dalle pagine dei ricordi, fin quando la memoria ne darà possibilità. Aldo Pifferi, comasco verace e con un particolare senso dell'onore, ha svolto il suo lavoro di onesto comprimario in un'epoca di tanti campioni e qualche fuoriclasse, quando un traguardo valeva sempre tanto e le corse vivevano nell'attesa quasi doverosa dei capitani consacrati, in mezzo a gregari e spalle che oggi sarebbero in vista, dei vincenti, per non dire meritevoli di capitoli di storia ciclistica. Aldo, si muoveva in mezzo a loro, meritandosi la paga, con la speranza di un acuto per far dire che c'era anche lui.
In quella moltitudine di uomini umili, senza passato e col futuro nebuloso ed ignoto che solo le mani screpolate potevan garantire, lui, come diversi, trovò in Sergio Zavoli (un grande davvero!), il cantore, l'unico capace di far vivere nelle nuove vie del racconto date dalla TV, lo sconosciuto di quel grumo di colori che percorrevan le strade. Un eroe del ciclismo anche lui, il nostro Aldo da Orsenigo, spesso intento a prendere l'acqua nelle fontane o nei bar ai margini delle carreggiate, o alla ricerca di qualcuno, fra il pubblico, generoso ed organizzato per offrire assistenza. Quanto era più faticosa la vita del gregario di quei tempi! Un romanzo che tracciava pagine su pagine e di cui, ai giovani odierni, han tolto la possibilità di lettura, almeno di quel tanto da consigliar loro di ricercare, scavare, perchè il ciclismo degli albi d'oro è solo un tassellino, a volte persino incolore, di un libro secolare.

Ma chi era questo eroe sconosciuto di quei tempi indimenticabili?
Atleticamente, era un buon corridore, con uno spunto velocistico che a volte faceva male anche alle più famose ruote veloci. Aldo non è mai stato un grande dilettante. Passò professionista, a 24 anni, nel 1962, nell'ultima stagione della storica Atala, prima di una sospensione ventennale.
Personaggio sorridente ed attivo, cominciò da subito a conoscere il pane del gregario a vantaggio di un evidente anche quando non vinceva, come Vito Taccone. Al suo primo Giro, nell'anno d'esordio, fu uno dei tanti travolti nella neve di Passo Rolle, nel giorno angelico di Vincenzo Meco. Si rifece, per quello che potevano consentire i tempi ed i ruoli, nell'edizione successiva, in un giorno di libera uscita. Sul rettilineo della tappa di Arezzo, solo il rush di Vendramino Bariviera, personaggio a me caro e di cui parlerò presto, lo lasciò al ruolo di seconda ruota. Aldo però c'era: lo capivano le squadre, allora in mano a gente più umana, lo capivano e contemplavano quelli del gruppo, lo sentiva lui, sempre più pieno del suo oscuro lavoro. Anche nel '64, dopo aver cercato invano la fuga buona al Giro, un piazzamento lo colse: finì terzo nel Giro della Provincia di Reggio Calabria. Con l'arrivo del 1965, giunse anche il raggio di sole di una vittoria. Avvenne proprio nella "corsa rosa", sul prestigioso traguardo di Torino, quando bruciò il "Treno di Gromo", Giacomo Fornoni. Si tolse poi un'altra soddisfazione, vincendo un circuito in Toscana. Il buon Pifferi, sempre alla ricerca di una fuga in grado di esaltare il suo spunto veloce, ci provò anche nel '66: gli andò male al Giro, ma colse un paio di secondi posti, nella Coppa Placci e nella prova di Imola valevole per il Trofeo Cougnet. Col 1967, giunse anche la sua migliore stagione. Iniziò da subito a recitare un bel ruolo, con un secondo posto particolare (anche per la storia che riporterò in calce a questo ritratto), in terra sarda. Avvenne in occasione della Sassari Cagliari, non già la classica, bensì l'ultima frazione del Giro di Sardegna (quanto piaceva al poco più che bambino sottoscritto, quella corsa!). A batterlo, unico nel fior di velocisti che si disputarono il traguardo, un belga che era già grande: Eddy Merckx. Dietro Aldo gente come Zandegù e due fiamminghi come Stegmans e Lelangue. Qualche giorno dopo, a Viterbo, vinse la seconda tappa della Tirreno Adriatico lasciandosi alle spalle Dancelli, Poggiali, l'umile in grande giornata Giorgio Destro e Adorni. Tornò al suo ruolo di gregario, ma durante l'anno vinse il Giro delle Tre Province Camucia valevole come prova del Trofeo Cougnet. Una settimana più tardi, vinse un circuito in Umbria, ed anche il challange dedicato al primo patron del Giro fu suo, ma non si presentò ad uno dei primi controlli antidoping, e fu squalificato. Nella stagione dell'esplosione dell'impero di Eddy Merckx, il 1968, Aldo, che nell'anno avrebbe compiuto 30 anni, si adeguò ulteriormente al suo ruolo di gregario, ma continuò a cercare le fughe, a volte incidentalmente, come nel caso che seguirà. La gioia della vittoria però, non gli strinse più la mano e dopo due stagioni di sempre onesto ed oscuro lavoro, alla fine del 1970, a 32 anni, appese la bicicletta al chiodo.
Article posté par: Maurizio Ricci (Morris)