Brian Robinson

Nato a Mirfield in Gran Bretagna il 3 novembre 1930, è stato il primo professionista di quella terra a giungere alla vittoria in una tappa del Tour de France, quanto basta per renderlo noto perennemente. Brian Robinson era un buon corridore, un audace, più che discreto in volata e pure dotato di una certa regolarità. Capì ben presto che per fare il ciclista sul serio, trovando avversari veri e risposte probanti, doveva oltrepassare la Manica e trasferirsi in Francia il più possibile.
Nel 1954, riuscì a fare il grande salto fra i professionisti, ma non abbandonò mai un rapporto quasi siamese con la sua Nazionale. Divenne così un corridore che si legò qua e là a squadre di marca (di nota soprattutto il suo rapporto con le formazioni che avevano come capitano Jacques Anquetil), ma fu soprattutto il capitano della equipe britannica, non solo ai vari Tour de France.
Nella stagione d'esordio, vinse la sesta tappa del Tour d'Europe. Portò a termine la sua prima Grande Boucle nel 1955, quando chiuse con un onorevole 29° posto, primo fra i corridori del Commonwealth. Nell'anno poi, colse un ottimo quarto posto nella Freccia Vallone e trionfò nel Tour of Penines. Fece decisamente meglio nel 1956, quando concluse il Tour de France con un significativo 14° posto finale dopo una bella serie di piazzamenti. Ma il fu il 1957 a donargli notorietà internazionale, grazie alle vittorie nei GP di Nizza e della Forteresse in Lussemburgo e, soprattutto, ad un grande 3° posto alla Milano-Sanremo, dietro Miguel Poblet e Fred De Bruyne.
L'anno successivo, dopo la vittoria in una tappa del Tour del Sud Est, gli donò il primato sopra citato, in virtù della vittoria nella tappa di Brest, al Tour de France, quando regolò, nella volata a due, il pur veloce compagno di fuga, l'italiano Arrigo Padovan. Si ripeté l'anno successivo vincendo la Annecy-Chalon sur Saone con un'azione solitaria lunghissima, arrivando al traguardo con più di 20 minuti sul gruppo, regolato in volata sempre dall'italiano Padovan. Chiuse poi la Grande Boucle al 19° posto.
Nel 1960, pur finendo 26° al Tour, trovò nelle manifestazioni precedenti la Grande Boucle i suoi acuti migliori: vinse infatti una tappa sia al Tour de l'Aude che al Midi Libre. Un altro primato per il ciclismo della sua terra lo colse nel 1961, quando fu il primo britannico a trionfare in una corsa a tappe. Grazie alla sua regolarità, al suo coraggio e allo spunto veloce, piegò fior di campioni al Giro del Delfinato, una prova di sette tappe, con molte asperità alpine, diverse delle quali teatro della leggenda della Grande Boucle. Al successo nella classifica finale, aggiunse anche quelli in ben tre tappe. In poche parole, dominò.
Chiuse la carriera nel 1962, dopo aver pilotato nel "mondo del vero ciclismo", un ragazzo connazionale pieno di talento: Tommy Simpson.
La figlia di Brian, Louise, nata nel 1965, ha poi continuato la tradizione di famiglia, diventando una delle migliori cicliste britanniche d'ogni epoca. Tra l'altro, nonostante i 39 anni, corre ancora.

Un ricordo personale su Robinson
Vidi questo corridore, come molti altri di quella gloriosa generazione, in fanciullezza, al G.P. Tendicollo Universal, una gara a cronometro poi divenuta G.P. Castrocaro Terme (di cui ho già parlato in questa rubrica). Era il 1961, ma di uomini in bicicletta ne conoscevo già tanti. Nomi e maglie che poi finivano nei miei coperchini o tappetti a dir si voglia, curati in maniera maniacale certo per divertimento, ma pure crogiolo di cultura ciclistica non indifferente. La folla strabocchevole non aveva a disposizione come oggi giornali, volantini, televisioni e quant'altro per informarsi sui partecipanti. Il materiale a disposizione andava a ruba, d'altronde, quel Gran Premio, nelle sue prime sei edizioni, per il richiamo del duello fra Anquetil e Baldini, arrivò a superare complessivamente le 800.000 presenze.
Non era dunque facile giungere ad ogni singolo, tanto più in considerazione che allo start, spesso venivano aggiunti all'ultimo momento quei corridori da definirsi "comprimari". Uno di questi, era appunto Robinson, giunto alla gara essenzialmente per accompagnare nell'avventura il suo capitano Jacques Anquetil. Il pubblico però, non sapeva bene chi fosse e molti, per la morfologia e la smorfia del suo volto, lo scambiarono per Louison Bobet, a quel tempo già assai anziano. Il tutto, nonostante l'ammiraglia al seguito del corridore avesse ben impresso un cartellone sul quale era scritto "Robinson".
Ricordo un signore rotondo, dalla favella come pochi, insistere su un Bobet in crisi e al tramonto, nonostante le conseguenti correzioni dei suoi vicini. Ad un certo punto, quel panciuto osservatore, disse che il cognome impresso sull'auto era dovuto al fatto che Robinson non era venuto a correre e lo aveva sostituito, all'ultimo momento, Louison Bobet, ma gli organizzatori non avevano fatto in tempo a correggere il cartellone. Anche se più o meno tutti continuarono ad osservare il sempre più affaticato Brian col suo effettivo cognome, quel signore non ne volle sapere della sua topica.
Mi avvicinò una ragazza e mi disse: "Ehi bimbetto, sembri sveglio, ma pensa ad andare a scuola, non fare come quello lì, che è vecchio, ed ancora non sa leggere!". Mi misi a ridere, perché sapevo già leggere ed avevo capito benissimo la situazione. Intanto Robinson, che correva con uno stile simile a quello dell'odierno Honchar (senza la potenza dell'ucraino, ovviamente), continuò il suo tormento in una prova dove non era assolutamente specialista. Finì nono, a 13'25" dal suo capitano, il grande normanno, Jacques Anquetil. Dietro di lui finirono solo il talentuoso, ma svagato svizzero Renè Strehler e il ritirato... Vittorio Adorni (era l'anno del suo debutto fra i professionisti).
Article posté par: Maurizio Ricci (Morris)