Wladimiro Panizza, il veterano del Giro d'Italia

Panizza ha corso il Giro d'Italia per 18 volte: ciclista generoso, ha corso fino a 40 anni e ci ha lasciato a 57 perchè il suo grande cuore ha deciso di fermarsi. Lo chiamavano il brontolone del pedale. Lasciò il ciclismo nell'ottobre del 1985, all'indomani del Giro di Lombardia, quando decise di chiudere a 40 anni un'onorata carriera di faticatore del pedale.
In oltre 25 stagioni il piccolo corridore varesino ha saputo regalare grandi emozioni, ma ha avuto il torto di nascere in un momento sbagliato, in un periodo, nel ciclismo degli anni Sessanta, dove i grandi comandavano e i gregari lavoravano. Eppure Miro Panizza da Fornaci di Fagnano Olona, varesino, nel 1967, anno del debutto tra i «prof» aveva mostrato le sue caratteristiche di scalatore nella tappa del Giro conclusasi alla Tre Cime di Lavaredo. Aveva vinto Gimondi, precedendo di pochi secondi Merckx e Motta.
Poiché c' erano state spinte davvero scandalose, Sergio Zavoli al «Processo alla tappa» aveva indotto Torriani ad annullare la frazione. Il solo che aveva raggiunto il traguardo con le proprie gambe, piazzandosi alle spalle dei «tre mostri» era stato proprio Panizza. Gli fu tolta la vittoria per l'annullamento della tappa a causa di spinte e traini abusivi dei quali avevano beneficiato gli altri corridori. Tra le lacrime invocava giustizia, ma non poteva andare contro i «grandi del momento». Così dovette accontentarsi degli elogi del «Processo alla tappa».
Fisico robusto e poco slanciato, carattere battagliero, Panizza era per caratteristiche uno scalatore tenace. Si rammaricava non a caso dei tanti, troppi Giri, decisi dalle cronometro, a lui poco consone. Lottando e brontolando, Panizza ha partecipato a 18 edizioni del Giro d'Italia e quattro Tour, ed è riuscito a cogliere qualche importante vittoria (Romagna, Milano-Torino, Midi Libre, Etna e Friuli). Capitano mancato, Panizza è diventato negli anni un gregario di qualità ed è conosciuto per essere un uomo e un ciclista generoso, che non si tira indietro mai. Nella sua lunghissima carriera (19 stagioni) da professionista, "Miro" ha indossato le casacche gloriose della Bianchi e della Gis, affiancando prima Moser e poi Saronni. Lo chiamavano "La Roccia", perché non mollava mai: a sera era distrutto, ma la mattina seguente di nuovo pronto ad aiutare i compagni.
Memorabile per lui il Giro del 1980 quando riuscì anche a far tremare Bernard Hinault quando visse sei giorni in maglia rosa. Allora lo chiamavano la "Roccia": in quel Giro, a 35 anni, Panizza scoprì dentro di sé quella fame di gloria e successo per troppi anni messa a tacere. Visto che nessuno si opponeva allo strapotere di Hinault, allora pensa di farlo lui, in proprio. A Roccaraso si incolla alle caviglie del francese e raggiunge, per la prima volta in carriera, la maglia rosa, il sogno di tutta la vita. Ma non si accontenta: vuole che il suo sogno impossibile, vincere il Giro, possa diventare realtà, ma deve concludere la corsa rosa al secondo posto.
Al Mondiale di Sallanches '80, vinto da uno scatenato Hinault su Baronchelli, Panizza finì quarto. In un' epoca di straordinari campioni, Miro Panizza è riuscito a ritagliarsi una fetta di popolarità. Che non gli è servita a restare nell' ambiente: si era rifugiato a collaborare con gli organizzatori svizzeri, che lo stimavano e lo apprezzavano.