Miguel Indurain, il campione educato

Rivista Tuttobici Numero: 8 Anno: 2006

Miguel Indurain, il campione educato

di Gino Sala

Come il lettore avrà notato, i miei "visti da vicino" tratteggiano figure di gregari, per meglio dire di umili ciclisti e di campioni. Qualcuno avrà notato che sovente mi soffermo su figure che poco o niente hanno ottenuto, ma tanto hanno dato e quasi niente hanno ricevuto, motivo per cui meritano una citazione. Che poi la mia attenzione possa essere considerata un'eccessiva attenzione verso gli umili, non deve essere considerata una colpa, o almeno così spero.

E comunque questo servizio porta un nome importante, il nome di Miguel Indurain, spagnolo che fra i suoi tanti trofei vanta cinque Tour de France consecutivi (anni '91, '92, '93, '94 e '95) e due Giri d'Italia (anni '92 e '93 e perciò autore di due doppiette). Ho conosciuto Miguel in una vigilia del Giro dell'Appennino. Eravamo nel medesimo albergo che dall'alto di una collina occhieggiava su Genova e abbiamo conversato per un paio d'ore, un pò in italiano e un pò nel mio stentato francese. Sono trascorsi parecchi anni da quella serata, ma il vecchio cronista non ha dimenticato la pazienza, la modestia, la signorilità dell'intervistato. Parlava dei suoi avversari, di Bugno e di Chiappucci, col massimo rispetto e rimarcava che i suoi successi erano principalmente dovuti ad un direttore sportivo che lo aveva lasciato crescere con tranquillità, senza fretta e senza imposizioni, cosa che anche oggi non è di casa in un ciclismo dominato da un calendario folle e da richieste brucianti. Indurain è stato fortissimo nelle prove a cronometro, costante in salita e potente in pianura.

Rapporti sensati, no a quei padelloni che prima o poi provocano danni. Vedere in azione un corridore della sua stazza (1,88 di altezza, 78 chili di peso) era un piacere, direi quasi una goduria. Centellinava i colpi di pedale con eleganza e raramente lo si è visto in difficoltà. Diverso da Merckx che agiva con furia, diverso da Hinault e da altri uomini che hanno lasciato segni importanti nella leggenda del ciclismo. E appena ha capito che il motore era in affanno è sceso di bicicletta col sorriso, ha detto basta rinunciando a vari incarichi. Si sentiva in debito con la famiglia e attratto da un'azienda agricola che ha via via ingrandito.

Ecco, io penso che Indurain sia stato un ottimo propagandista. E non soltanto per le sue brillanti affermazioni, ma anche per il suo comportamento educativo. Mai un gesto fuori posto, mai una dichiarazione o una protesta che potessero sollevare polemiche, sempre composto anche nei momenti meno favorevoli, un gentiluomo in tutte le circostanze. Con Miguel il ciclismo ha mostrato una faccia pulita e io mi includo nell'elenco dei suoi ammiratori, mi porto dietro quella serata in Liguria come un ricordo indimenticabile, pieno di riflessioni e di insegnamenti. E concludo con un affettuoso abbraccio ad un uomo che è stato un vero maestro del nostro sport.