Le imprese leggendarie di Fabiana Luperini - Pic du Midi Tourmalet (17 agosto 1996)

La Loures-Barousse-Pic du Midi, coi suoi 110 chilometri, prima di giungere ai 2115 metri della vetta pirenaica e con alle spalle la fatica della cronometro più lunga della storia del Tour, avrebbe dato sicuramente un segno tangibile dei valori in gara. L'intensità emotiva della sconfitta nella crono, che le rendeva ben 4'05" da recuperare a Jannie Longo nel "foglio giallo" e la consapevolezza di avere il ginocchio sinistro acciaccato dalla caduta di Pieve di Soligo, al punto di spingerla ad usare tantissimo la sola gamba destra, resero Fabiana nervosissima. Ricordava i test svolti sul Monte Serra solo dieci giorni prima, con risultanze incredibili, visto che si era migliorata di un minuto abbondante su quelli svolti alla vigilia della partenza per il Tour nel 1995. Ripensava alla facilità con la quale aveva corso la "maledetta premondiale", che pure aveva stravinto e ripensava a cosa avrebbero potuto scrivere i giornali, se non fosse stata capace di staccare la leggendaria avversaria sui pendii della principale vetta pirenaica. Aveva puntato tutta la stagione sul bis al Tour, al punto di rifiutare le Olimpiadi, ma sentiva che una strana sfortuna la stava perseguitando, proprio nei giorni in cui si sentiva forte ed in forma come mai le era capitato. In quel vortice di timori e agitazioni che nemmeno la "sorella" Roberta Bonanomi, sua compagna di camera, riusciva a placare, si presentò al via della tappa che sarebbe terminata in cima al Tourmalet. Nona in classifica, Fabiana, non doveva guardare solo alla Longo, davanti a lei, stavolta, c'erano atlete di valore, in grado pure di tenere
in salita. Di queste meritavano attenzioni la Zabirova che, col fiammante Titolo Olimpico e la seconda posizione nella generale, poteva trovare la condizioni psicofisica per dimostrare sulle pendenze di quel mitico colle, quanto di buono possedeva sul passo, ed un'altra russa, la Boubnenkova, una che sulle ascese pur non valendo una "Fabi" normale, apparteneva comunque alla prima schiera delle sue inseguitrici. Accanto a loro vi era poi da temere l'incognita della tedesca Hanka Kupfernagel, una ragazza coetanea della Luperini, tante volte iridata fra le junior, la quale in giugno aveva vinto alla grande nell'Isola di Man, su un percorso molto duro, gli Europei Under 23 e si annunciava particolarmente agguerrita. Non solo Longo, dunque. La tappa iniziò all'insegna del controllo italiano, allo scopo di tenere il gruppo unito fino ai piedi del Tourmalet. Ma la tenaglia alla corsa delle azzurre, venne ben presto rotta una prima volta per una foratura di Fabiana che, di lì a poco, mise il piede a terra una seconda volta a causa di una catena impazzita che non voleva sapere di stare al suo posto. Mentre scorrevano i chilometri resi più lunghi dai continui inseguimenti a cui furono costrette le azzurre per portare la capitana in gruppo, "Fabi" si ritrovò di nuovo ferma per quella maledetta catena. Ancora inseguimenti e poi ancora stop per altre due volte, sempre per quel maledetto guasto. Risolto finalmente il problema meccanico e quando già l'orizzonte di gara stava per assaggiare le prime pendenze del mitico Tourmalet, un improvviso scarto del gruppo ancor compatto, provocò una caduta nella quale, purtroppo, fu coinvolta anche la Luperini, proprio nella parte già infortunata. Il dolore lancinante provocò una violenta reazione di "Fabi" che, come Fausto Coppi nella Rouen-St Malò del Tour 1949, prese la sempre amatissima bicicletta e la scagliò a terra. Sconfortata da quella serie di sfortune, urlando e piangendo contemporaneamente, Fabiana si pose sul ciglio della strada cercando l'ammiraglia per ritirarsi. Si fermarono Roberta Bonanomi e Alessandra Cappellotto per aspettarla e ripartire con lei, ma la campionessa italiana era in preda ad una crisi nervosa che solo i pugni sulla sella e le frasi minacciose delle compagne seppero incrinare.
"Vuoi farci andare in malora tutta la fatica che abbiamo fatto. Prendi la bici e vai a vincere la tappa! Scordarti il dolore e pensa alla salita" - gli dissero inferocite le compagne. E le loro frasi ebbero un potere taumaturgico perché "Fabi", che a quelle due "sceriffe" doveva tanto, ed a cui voleva bene, "rinforcò" la bici e ripartì. Pian piano risalì il gruppo mentre le pendenze del Tourmalet cominciarono a farsi sentire. Spingendo più sulla gamba destra, riprese la sua danza, portando la sua bicicletta a riprendere il primo posto di un "grosso" tanto assottigliato. Si voltò e vide le giovani Zabirova e Kupfernagel annaspare, mentre Longo, Bubnenkova e le gemelle Polikievichute guardavano il sangue che scorreva dalla sua coscia sinistra. Si sentivano sicure, perché la "regina dei monti", così ferita, non poteva certo seppellirle di quei distacchi che era abituata a dar loro. Si sentivano vicine ad un insperato arrivo con Fabiana, nella montagna che l'anno precedente aveva suggellato il dominio d'altri tempi della "petite poupée italienne". Ma il loro ottimismo, non aveva fatto i conti con la classe e la forma di quella grande scalatrice.
Con una gamba forte ed una da far riposare, "Fabi" riprese la seconda recita di quella "danza di montagna" che solo la sua immanenza sapeva esprimere. Il suo passo sui pedali, pur un poco claudicante per la forzata debolezza della parte sinistra e di quel ginocchio, si fece ugualmente infernale e Fabiana s'involò per l'ennesima uccisione del normale. Lei, la "donna sola al comando", ancora una volta stava guidando il suo pennello sull'orizzonte delle bellezze di questo sport, per sublimarsi ruggendo cultura. Era ferita nel corpo, ma nell'animo aveva ancora immensi spazi per seppellire le avversarie e per gridare al mondo, che una campionessa come lei, poteva vincere anche con una gamba sola. E lo fece Fabiana, lo fece, eccome!
Arrivò a Pic du Midi, in cima a quel Tourmalet che pur non essendo più la polverosa e soffocante salita di Bartali e Coppi, rimaneva pur sempre una grande ascesa capace di stringere le gole, per il mito di cui sarà perennemente intrisa. Ancora una volta l'asperità che fece conoscere al mondo Vicente Trueba, la "pulce dei Pirenei", diede alla "petite poupée italienne", i segni della divinità che l'avevano fatta predestinata agli altari della leggenda. Era sempre "Fabi" a sconvolgere le logiche, stavolta inzuppate di sofferenze e ferite; era sempre lo scricciolo di Cascine di Buti, a consegnare al volgo ciclistico il dono dell'immenso, lustrato dalle lacrime che ringraziano il fato d'aver visto e vissuto. Era quella farfalla vicina al ritiro, a far capire che......si può, quando il sangue blu scorre nelle vene e si é la "donna sola al comando". L'esterefatta Longo giunse a 2'29", nonostante, e lo dimostreranno i giorni seguenti, avesse messo sulla bici la disperazione di quella sua leggenda che la "bambina" le stava offuscando ogni giorno. Sgranate da distacchi pesanti come tonnellate tutte le altre "big", fra le quali le umiliatissime giovani Zoulfia Zabirova giunta a 11'43", Kupfernagel a 14'06" e la francesina Chevanne Brunel a 17'03". Un trionfo che non significava il Tour, perchè la Longo aveva ancora la maglia gialla con 1'31" su Fabiana, ma il segno evidente che la campionessa italiana era mostruosamente competitiva, pur "rattoppata".
Probabilmente quel giorno, in cima al Tourmalet, le altre capirono intimamente che ancora una volta dovevano correre per il posto d'onore. Sapevano troppo bene che i 2802 metri del Col de la Bonnette, la salita più terribile mai proposta ai ciclisti nella storia di questo sport, avrebbe portato quel fenomeno piovuto sulla terra, a seppellirle di palate di minuti o, addirittura, a cacciarle fuori tempo massimo. E fu proprio la Bonnette, a far parlare una comunque sempre imbronciata Fabiana, alla selva di giornalisti che le posero davanti la bocca microfoni e taccuini, poco dopo la straordinaria vittoria sul Tourmalet. "Con la sfortuna che ho avuto oggi, non posso imprecare se non ho conquistato la maglia gialla. Quella me la prenderò con gli interessi sulla Bonnette!". Con quella frase aveva detto tutto e andò a sfogare l'immanente rabbia in ammiraglia, per l'ennesimo trasferimento.
Dopo poco, il cellulare di "Fabi", squillando, le diede un lieve sorriso, era Amadori, che le faceva i complimenti.
"Che giornataccia Marino! Ho messo sei volte il piede per terra, il ginocchio mi fa un po' più male di prima e la gamba sinistra è tutta ammaccata, perché ci son caduta di nuovo. Ma non demordo, perché fra cinque giorni c'é la Bonnette".
"E tu sei in grado di distruggerle tutte anche con una gamba sola. Ci sarò anch'io lassù a vederti" - concluse Amadori, convinto di darle una notizia che le avrebbe fatto piacere.
Ma quel colle tanto aspettato ed imperioso, dove se alzi una mano puoi far il solletico alla Luna, non fu scalato per una cupa decisione dell'organizzazione. Fabiana conquistò la gialla sul Valberg, ed uccise il Tour, fra le lacrime, sul Vars e sulla sua "abituale dimora" di Voujany.
Article posté par: Maurizio Ricci (Morris)