Ricordo di Rodolfo Muller

http://www.usv1919.it/file/ricordodirodolfomullerrevmarzo2017.pdf

Rodolfo Muller nasce a Livorno il 12 agosto 1876 da una ricca famiglia borghese di origine svizzero-tedesca. Il suo bisnonno, commerciante originario del cantone di San Gallo, aveva lasciato la Svizzera per trasferire famiglia e affari a Genova. Suo nonno, Gustavo, banchiere e negoziante, arrivò a Livorno nel 1843 dove aprì una filiale per conto della società di famiglia, la Muller-Schmutziger. I Muller, Gustavo aveva sposato una ragazza tedesca la cui famiglia aveva interessi a Malta, Venezia e Milano, andarono ad abitare in un palazzo, tutt'ora esistente, nell'attuale via Cecconi. Li nascono i figli di Gustavo e i suoi nipoti, fra cui Rodolfo e il fratello Alfredo, più grande di lui (era nato nel 1869) e destinato a diventare un pittore famoso. Alfredo Muller fu esponente dei postmacchiaioli con Mario Puccini, Oscar Ghiglia, Plinio Nomellini, Ulvi Liegi, Giovanni Bartolena e altri pittori prevalentemente livornesi. Inoltre fu membro del Gruppo Labronico.
Nel 1890, il crack della Banca di Livorno, contemporaneo a quello della Banca Romana, porta alla rovina di numerose case di commercio fra cui anche la ditta Muller. I Muller vendono la casa di via Cecconi e si trasferiscono in una più modesta abitazione di via dell'Ambrogiana. Nel 1895 i Muller emigrano a Parigi, dove dal 1888 si trovava già Alfredo. A Livorno rimane solo una delle sorelle, Clotilde.
La carriera ciclistica di Rodolfo si svolge interamente in Francia dove il giovane immigrato partecipa ai primordi dell'epopea del ciclismo. Le prime notizie risalgono al 1898 quando si piazza terzo alla Parigi-Cabourg. Sempre nel '98 arriva sesto alla Parigi - Roubaix. Nel 1900 partecipa, all'interno della folta rappresentativa italiana, alla gara ciclistica per professionisti organizzata in occasione dell'esposizione internazionale, svoltasi parallelamente alle Olimpiadi di Parigi. Nel 1901 corre per la squadra italiana "Clement" e arriva sesto alla Parigi - Brest - Parigi. Nel 1902 è secondo alla Parigi-Marsiglia, quella che potrebbe essere definita la prima corsa ciclistica a tappe visto che si svolge in due massacranti frazioni che ebbero luogo il 18 e 19 maggio. Per la cronaca il vincitore, lo svizzero Lesna, riuscì ad aggiudicarsi una corsa durissima, funestata anche dalla morte del belga Charless Kerff, in 38 ore e 53 minuti, con oltre 7 ore di vantaggio su Rodolfo Muller e Pierre Chevalier. Nel 1902 si aggiudica la prima scalata del Tourmalet (Luigi Panella su Repubblica del 24 luglio 2014) e partecipa alla prima grande prova organizzata dalla Gazzetta dello Sport, la "Gran Corsa Nazionale". "Il 21 giugno 1902 ... dalla Lombardia, al Veneto, all'Emilia ed al Piemonte, di giorno e di notte" scrive Beppe Conti nella sua "La grande storia del ciclismo", Graphot editrice, 2016. A Torino volata ad otto e vittoria di Brusoni davanti a Beccaria, Muller, Buni ed il giovane Gerbi (il futuro "diavolo rosso"). Nel mondo del ciclismo professionistico Rodolfo doveva godere di molta considerazione se il patron de "l'Autò", il mitico Henry Desgrange, lo incarica di visionare il percorso previsto per il primo Tour, quello del 1903. Era la primavera e Muller percorre il tracciato completo in moto e in bicicletta: circa 2500 km di cui segnala con estrema pignoleria i punti più problematici e i probabili tempi di percorrenza. Si dice che nel suo taccuino finiscono non solo i passaggi più pericolosi ma anche le città che era meglio evitare a causa di tifosi un po' troppo agitati e di qualche concorrente locale con pochi scrupoli! Forte di questa esperienza Rodolfo, che adesso milita nell'equipe "La Francaise", partecipa, unico italiano come si è detto, a quel primo Tour. E' uno dei favoriti visto che pochi mesi prima aveva raggiunto il terzo posto in una delle gare più prestigiose di quei tempi, la Bol d'Or, la massacrante gara che prevedeva di percorrere 739,275 km. Anche se non vince nessuna tappa, si classifica nel primi dieci in cinque frazioni su sei di quel massacrante Tour. Al termine Muller è quarto in classifica generale, a 4 ore 39' e 45" dal vincitore Maurice Garin, un valdostano che nel 1901 aveva preso la nazionalità francese.
Come si legge in una delle sue brevi biografie: "Atleta completo, ottimo fondista e grande pedalatore (come dimostra l'ottimo 3° posto nel massacrante Bol d'Or del 1903), seppe lottare per le prime posizioni su ogni percorso, prediligendo comunque le gare più lunghe e massacranti (tipiche di quel periodo) anche se in realtà non riuscì a vincere competizioni di primo piano ed ebbe la carriera troncata dalla squalifica di 2 anni inflittagli per le gravi irregolarità commesse (al pari di altri campioni tra cui Georget) durante la Bordeaux-Parigi del 1904."
Da quel che si sa, Muller intraprese l'attività di giornalista e fu proprio in questa sua veste che non mancò di ricordare con nostalgia, a quel punto cittadino francese a tutti gli effetti, gli anni della sua gioventù a Livorno. Pensate che sia finita qui. Nemmeno per sogno. Girovagando su Internet abbiamo reperito un frammento della incredibile attività di Rodolfo Muller, un vero personaggio. Il 7 aprile 1918 - mentre ancora infuria il dramma della prima guerra mondiale - lo troviamo primo classificato ad una gara di cross country, 12,6 km, per atleti di oltre 40 anni che si svolge a Parigi. L'estensore della
classifica non manca di segnalare: "vincitore Rodolfo Muller, fino ad ora conosciuto come corridore ciclista".
Rodolfo Muller muore a Parigi l'11 settembre 1947, otto anni dopo suo fratello Alfredo, che più volte ritornò a Livorno dove fu fra i fondatori del Gruppo Labronico.
Di questo personaggio, certo emblema di un "altro mondo", ben diverso dall'attuale, vale la pena riportare il ricordo di Lefevre, altro mitico personaggio del ciclismo eroico: "Era soprattutto un poeta, un artista, uno che non si lamentava mai".

M.Z