Storia di Pasquale Fornara

Già buon dilettante, con la Crennese di Crenna di Gallarate, il primo ingaggio da professionista gli fu proposto da Eberardo Pavesi nel 1949. La Legnano però vedeva in lui solo un gregario, mentre Pasqualino aveva altre mire. Nel 1951 emigrò nella grande rivale della squadra rossoverde, ovvero la Bianchi, ma il matrimonio durò poco. Fu allora che colse al volo l'opportunità di trasferirsi alla Bottecchia, con la quale vinse nel '52 il primo dei suo quattro Giri della Svizzera ('54, '57, '58). Si racconta, a tal proposito, che per trovargli posto in squadra al Giro d'Italia, Tagliabue "liquidò" anzitempo Pinarello, felice di incassare e non faticare. Nel Giro la sua miglior classifica fu un settimo posto (12 disputati) e al Tour (2 partecipazioni) un quarto, sempre nel '55 (alle spalle di Bobet, Brankart e Gaul).
Il Fornaretto avrebbe conquistato il Giro d'Italia del '56, se a dirigerlo, all'Arbos, non ci fosse stato un buon padre di famiglia (Giulabini) ma un direttore sportivo spartano ed accorto. Era la terzultima tappa (traguardo il Bondone) e Fornara portava la maglia rosa. Acqua, vento, freddo e neve lo costrinsero, e come lui tanti altri, ad abbandonare. Uno stop temporaneo in una casa, un mastello di acqua calda e una maglia asciutta lo avrebbero rianimato, invece, piangendo, Giumanini lo persuase al ritiro. Riuscì, comunque, a indossare per nove giorni la maglia rosa, a vincere la classifica riservata ai più forti scalatori (1953) e ad aggiudicarsi in totale quattro tappe. Era un passista scalatore di grande classe. In salita aveva un passo agile, leggero, e la stampa dell'epoca scriveva che si "arrampicava come una gazzella". In tredici anni di carriera ha ottenuto venticinque vittorie e con i soldi guadagnati riuscì a costruire un albergo a Gallarate che gestirà con la famiglia fino alla morte avvenuta nel 1990.
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