Attilio Pavesi, la Freccia di Caorso

Maria Regina Ciocca, una ragazza argentina di vent'anni che in autunno sarà a Perugia per seguire un corso di lingua italiana all'Università, ci scrive dalla sua casa di Bella Vista, a 35 km da Buenos Aires, per raccontarci la storia del nonno materno, Attilio Pavesi, classe 1910, nativo di Caorso (Piacenza).
Nonno Attilio non è uno sconosciuto. Anche se sono passati molti anni, rimane un nome nella storia dello sport italiano, scolpito nel marmo del Memorial Colyseum Stadium di Los Angeles. Attilio Pavesi è stato infatti medaglia d'oro alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932, vincendo la gara su strada individuale di ciclismo (la prova a cronometro sulla distanza di 100 km) e contribuendo a un'altra medaglia d'oro, assegnata all'Italia nella classifica a squadre di ciclismo.
Quella del 1932 è passata alla storia come "l'Olimpiade degli italiani" per il travolgente secondo posto nel medagliere conquistato dal nostro Paese dopo gli Stati Uniti: una messe di successi - 36 medaglie, equamente divise fra oro (12), argento (12) e bronzo (12) - che coincise con il momento di massimo consenso al regime fascista, al quale i riflettori mondiali di Los Angeles regalarono una enorme pubblicità. Ricevuti da Mussolini al ritorno dalla trasferta americana e additati come esempio per la maschia gioventù italica, i nostri atleti contribuirono con le loro vittorie a mettere in buona luce presso il governo americano il regime, prima che i rapporti si guastassero definitivamente con la guerra d'Etiopia e l'avvicinamento di Mussolini alla Germania nazista. In casa dei nuovi amici tedeschi, alle Olimpiadi di Monaco del 1936, gli italiani sarebbero arrivati solo quarti nella classifica per nazioni.
Di Attilio Pavesi si racconta che, ricevuto - come tutti gli atleti - il telegramma di Mussolini che lo incitava alla vittoria, e convinto di essere l'unico destinatario del messaggio, avesse dato l'anima per arrivare al gradino più alto del podio in quanto sentiva su di sé gli occhi del Duce. In effetti, Attilio venne convocato alle Olimpiadi come riserva perché - racconta la nipote Regina - "durante la gara di qualificazione preolimpionica svoltasi a San Vito al Tagliamento nel giugno 1932, mentre era in testa, una spettatrice che intendeva rinfrescarlo gli lanciò l'acqua insieme al secchio, facendolo cadere a terra. Il nonno, così, arrivò soltanto quinto, ma la sua corsa fu lo stesso ben valutata".
"Partì da Napoli - continua Regina - il 3 luglio 1932 con la nave Biancamano insieme agli altri atleti. Arrivò a New York il 12 luglio, dove fu accolto dal sindaco Fiorello La Guardia, e da lì raggiunse Los Angeles dopo un viaggio in treno durato cinque giorni. Il 4 agosto conquistò il titolo olimpionico della corsa su strada, coprendo i 100 km a cronometro in due ore, 28 minuti e 5 secondi alla sorprendente media oraria di 40,514 km. Fu lui il primo piacentino a ricevere la medaglia d'oro alle Olimpiadi".
Qualche anno dopo Attilio Pavesi attraversò di nuovo l'Oceano per recarsi, questa volta, in Argentina, dove un torinese aveva organizzato la Sei Giorni di Buenos Aires. "Il nonno si trovava in Argentina quando scoppiò la seconda guerra mondiale - racconta la nipote Regina -, non c'erano bastimenti per tornare in Italia e dunque rimase lì, stabilendosi nella città di Sáenz Peña, dove aprì un negozio di biciclette e nel contempo organizzò diverse gare di ciclismo". L'anno scorso, a 93 anni, Attilio Pavesi è tornato in Italia, alloggiato in una residenza di riposo a Caorso, il suo paese natale. Vi è rimasto da luglio a dicembre, poi ha fatto rientro in Argentina, ed ora vive in una casa di riposo non lontano dalle nipoti.
"Lui pensa sempre alla sua Caorso e ai suoi familiari e conoscenti, che in diverse occasioni ha potuto visitare - dice Regina. E pensa anche a fare qualche pedalata sui colli piacentini. Il nonno ci ha trasmesso l'amore per la sua terra natale: mia sorella Vittoria, che ha diciannove anni, e io, che ne ho venti, siamo studentesse universitarie e frequentiamo corsi d'italiano sin dai dodici anni. Lui ha sempre amato lo sport, e benché gli anni siano passati, le emozioni che ha vissuto sono sempre custodite nel suo cuore". Per dovere di cronaca, bisogna aggiungere che Attilio Pavesi, oltre all'oro olimpionico, ha al suo attivo anche il Gran Premio della Vittoria di Milano del 1928, la Coppa Parolini del 1930, la Coppa Caldirola del 1931, un quarto posto al Giro del Piemonte del 1931, un secondo posto al Giro dell'Umbria del 1931 e al Giro di Sicilia del 1932, un quarto posto al Giro di Lombardia del 1936.

http://www.emilianoromagnolinelmondo.it/wcm/emilianoromagnolinelmondo/rubrica/personaggio/attilio_pavesi.htm
©2002-2023 Museo del Ciclismo Associazione Culturale ONLUS - C.F.94259220484 - info@museociclismo.it - Tutti i diritti riservati

I dati inseriti in archivio sono il risultato di una ricerca bibliografica e storiografica di Paolo Mannini (curatore dell'Archivio). Le fonti utilizzate sono svariate (giornali, libri, enciclopedie, siti internet, archivi digitali e frequentazioni sui vari Forum inerenti il ciclismo). Chiunque desideri contribuire alla raccolta dei dati, aggiunta di materiale da pubblicare o alla correzione di errori può farlo mettendosi in contatto con Paolo Mannini o con la Redazione.

Preferenze Cookies - Privacy Policy