19 marzo 1955 - Milano-Sanremo

Van Steenbergen, vincitore del '54, si avvicina a Derycke, sommerso da taccuini e microfoni. Lo abbraccia, sussurrandogli qualcosa. Che cosa? "Che la 'Sanremo' è una specialità dei belgi", traduce qualcuno. La vittoria-bis di Petrucci sembra lontana un secolo: oggi la stampa parla di momento critico del nostro ciclismo, accenna all'età non verde di qualche mostro sacro. E dà una spiegazione ai fischi che hanno accolto l'arrivo di Coppi, caduto a due chilometri dall'arrivo: comunque il Campionissimo e gli assi non avrebbero agganciato i fuggitivi perché "avevano sonnecchiato, avevano rinunciato a fare la corsa". A tenere alto l'onore sono stati soltanto - rivedendo al contrario il film della corsa - Gianneschi, Piazza e Seghezzi. È quest'ultimo, il "matto di turno", che va in fuga appena il nuovo presidente dell'Uvi, Angelo Farina, abbassa la bandiera. Lo raggiungono in dieci, che a Masone sono ripresi: poi Giovanni Ferlenghi è primo sul Turchino davanti a Impanis e a Vasco Ambroso. I primi chilometri in Riviera fanno registrare il tentativo di Piazza che, scattato ad Arenzano, a Varazze è solo seguito da un gruppetto di sette uomini tra i quali c'è ancora il "matto di turno". La sua fuga si conclude a Vado, dove in 70 guidano la corsa. Ci prova a Pietra Ligure Jean Bobet, vincitore della Parigi-Nizza, ma è ripreso, mentre ad Alassio se ne vanno Gianneschi, Derycke e Gauthier che nell'ordine transitano su Capo Mele e su Capo Cervo. Sul Berta il belga e il francese danno un'accelerata e il piccolo Gianneschi perde 100 metri, mentre Bobet è a 40" e il gruppo a 1'30". A 22 chilometri dall'arrivo i fuggitivi hanno 3" sull'italiano, che è nel mirino di Bobet: alle porte di Sanremo il ricongiungimento è cosa fatta, ma Derycke, un piccoletto dai capelli ricciuti e rossicci, impone la volata lunga che obbliga tutti alla resa. Lo sprint del gruppo, a 26", è regolato dal campione d'Italia, Magni, che ha la piccola soddisfazione di "bruciare" Van Steenbergen.
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