L'ultima volata di Livio Isotti

Aveva fatto sognare tutta Pesaro ciclistica
Livio Isotti se ne è andato il 19 settembre, dopo lunga sofferenza nella sua casa di Hamilton-Ontario (Canada). Livio resterà per sempre nel cuore di tutti gli amanti del ciclismo.
Cominciò a cimentarsi nell'immediato dopoguerra con modesti mezzi nella categoria allievi, raccogliendo già qualche successo e ottimi piazzamenti: sin dall'inizio si vedeva la stoffa e la determinazione. In seguito fu contattato dalla S.S. Vilco di Bologna, una fra le prime in Italia a sponsorizzare le spese dei corridori. Non impiegò molto a mettersi in luce e le vittorie non mancarono. Ancora non c'era la TV e molti amici (oggi settantenni) lo aspettavano alla stazione ferroviaria per conoscere i risultati; i commenti sulle corse continuavano poi fino a tarda sera intorno al tavolo delle trattorie.
Negli anni 1947/48 iniziò la ricostruzione del dopoguerra, e ricominciarono anche le prime prove di qualificazione e selezione per l'assegnazione delle maglie azzurre. Livio ne conquistò due: una per le Olimpiadi di Londra e una per i Campionati del Mondo dilettanti in Svezia. Purtroppo la sorte non lo aiutò molto: fermato ambedue le volte da banali incidenti. Negli anni 1948/49 sempre con la S.S. Vilco continuò la serie di vittorie (4 gare vinte in 12 giorni). Trionfò anche nella Coppa Italia cronometro a squadre e al Giro di Calabria, riuscì a vincere 4 gare su 10 disputate per la selezione mondiale che gli valse, per il secondo anno consecutivo, l'ambita maglia azzurra. Nel 1950 fu ingaggiato dalla Società Sportiva Arbos e passò professionista. Si fece notare subito piazzandosi bene molte volte. Memorabile fu la Milano-San Remo del 1951 quando, scalando il capo Berta andò in fuga con altri due corridori Schaer e Grosso; un boato per un istante turbò la tranquilla Pesaro. Ogni volta che tornava a casa, modesto e disponibile con tutti, era guardato con ammirazione.
Anche in campo professionistico conquistò stima e simpatia fra i colleghi e la stampa. Nel 1953 passò alla Ganna e fu scudiero di Fiorenzo Magni col quale partecipò oltre alle gare di casa nostra, anche al Tour de France. Riuscì a vincere la tappa di Nantes dopo una splendida fuga in compagnia di altri sei corridori: fu una volata-capolavoro. Sempre ottimi piazzamenti ovunque fin dagli esordi in campo professionistico. Vince un Giro di Romagna, due tappe alla Vuelta (Spagna), due tappe al Giro di Sicilia, in evidenza nel Giro delle Dolomiti, Giro della Svizzera e di Castiglia e nel Giro d'Italia 1952/53. Purtroppo per una banale foruncolosi causata dalla sella della bicicletta dovette rimanere inattivo per parecchi mesi, continuò ad allenarsi aspettando fiducioso un ingaggio che non sarebbe più arrivato.
Aveva parenti in Canada dove decise di emigrare. Con molta umiltà ricominciò tutto da capo, ritornando al suo vecchio mestiere di idraulico (plumber in inglese, lo precisava sempre perché per esercitarlo ci vuole la patente) e finalmente trovò la fortuna che la bicicletta gli aveva negato. Pur vivendo in Canada con tutta la sua "squadra" (così chiamava la sua famiglia) aveva mantenuti sempre vivi i contatti con gli amici di Pesaro. ritornava spesso a Pesaro, dove in compagnia dei vecchi compagni amava riscoprire i luoghi caratteristici della zona, nonché i piatti "indimenticabili" della nostra cucina. E dopo aver fatto onore alla tavola si andava tutti insieme a riscoprire quelle vecchie strade polverose e piene di insidie che ormai non esistono più se non nella nostra memoria di giovani del dopoguerra.
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