Enrico Zaina: largo a nuovi dirigenti

Rivista Tuttobici Numero 4 - Anno 2008

Enrico Zaina: largo a nuovi dirigenti

di Gino Sala

Enrico Zaina il gregario di lusso, come si diceva una volta. Il gregario, l'altruista capace di vincere, nato a Brescia il 27 settembre 1967, altezza 1,74, peso 65 chili, sei successi ottenuti in corse a tappe, professionista dall'89 al 2000, primattore sulla cima del Pordoi e tanti piazzamenti, tra i quali spicca il terzo posto nella classifica finale del Giro d'Italia '96. Un pedalatore che ha onorato il mestiere nel migliore dei modi, sposato con tre figli e una fabbrica di biciclette. C'è tutto per dipingere una carriera esemplare, c'è anche la consapevolezza di aver dato poco a chi ha dato molto.

Ecco perché i miei ritratti contengono, per così dire, giudizi riparatori. Intendiamoci: quando mi trovavo in gruppo, nel mezzo di un ciclismo che mi ha portato in quasi tuti gli angoli del mondo, le mie attenzioni erano generali, come dimostrano attestati che sono tra i miei ricordi più cari. Vero che mi trovavo sovente a contatto con Francesco Moser per discutere di tutto, anche di politica, con il trentino che mi convocava sovente nelle camere d'albergo con l'intento di piacevoli bisticci, ma è altrettanto vero che avevo rapporti calorosi con tanti gregari dai quali ho ricevuto testimonianze d'affetto. Erano tempi diversi da quelli di oggi, tempi dove i Masciarelli e i Ferretti spingevano i loro capitani in salita, per dirne una.

Indimenticabile il Giancarlo Ferretti che ha salvato Gimondi in una tappa del Tour. Sono passati tanti anni da quell'episodio e mi ricordo ai lati della strada che portava al Col de Mente, in attesa di un Gimondi in piena crisi, sicuramente destinato al ritiro senza la commovente assistenza del suo scudiero.
Ecco nell'avventura di Zaina c'è di tutto, c'è una generosità esemplare e anche un pentimento. «Sì, avrei dovuto essere più egoista, mettere da parte i giochi di squadra - confida oggi Enrico -. Guadagni? Il mio era un ciclismo meno ricco, meno spendaccione se confrontato con quello degli anni Duemila e comunque mi sono fatto una casa e ho messo da parte qualcosa. Se guardo al presente, devo aggiungere che stiamo vivendo brutti momenti. C'è una struttura peccaminosa derivante dalla mancanza di bravi dirigenti. Troppi i giovani che si perdono presto, che non si sacrificano come dovrebbero. Il bisogno di modifiche e di cambiamenti è impellente...».

Gira e rigira, da più parti giungono campanelli d'allarme. Ignorare il tutto sarebbe un delitto e il vecchio cronista chiama tutti al ravvedimento, all'estrema necessità di una svolta che dia allo sport della bicicletta una faccia onesta e pulita.
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