"Quella mia fuga impossibile sorprese anche Guerra" - Cesare Del Cancia e il trionfo nel 1937

Quotidiano Nazionale - Martedì 20 marzo 2007 - Sport - pag. 47
dall'inviato Alessandro Fiesoli - Pontedera -

"La sai l'ultima su Bartali?". E ne parla come fosse successo ieri. Tutto è un lungo viaggio nel tempo, in questa casa. Le foto d'epoca alle pareti, la prima pagina della Gazzetta d'allora, il grammofono, il salotto buono con la porta chiusa, i soprammobili come reliquia nostalgica del Ventennio, la bottiglia di "Biancosarti", un sorso di polvere e alcol dal secolo scorso. Nell'officina-garage, una vecchia Bianchi, nascosta quasi con indifferenza sotto un telone di plastica. "E' la bici di Coppi", racconta, e toccare quel sellino di cuoio dove il Campionissimo appoggiava il peso solenne delle sue imprese e delle sue fatiche, è un'emozione a occhi chiusi. Ma non è il solo pezzo da collezione, anche se il più prezioso: una degli anni Trenta, altre biciclette storiche, motorini d'antiquariato, un'introvabile Fiat Giardinetta ancora funzionante, "la uso per andare a fare la spesa", e centinaia di pezzi di ricambio, cilindri, pignoni.

LA CASA-MUSEO è una villetta a due piani, a Pontedera. Alla porta, un arzillo giovanotto di novantadue anni, occhi vivaci, nello sguardo una punta di allegria per la visita inattesa, con la possibilità di dare aria a tutti quei ricordi in bianco e nero. Cesare Del Cancia, classe 1915, pisano di Buti, è il più vecchio vincitore vivente della Milano-Sanremo, la Classicissima, che quest'anno festeggia l'edizione del centenario. Con Bartali, Bini, Bizzi, Cecchi, Volpi, Di Paco, faceva parte di quel primo gruppo di atleti toscani, nell'epoca eroica del ciclismo. L'inizio di tutto, in bici.
DEL CANCIA tutto sfiora con gli occhi e con le parole, il racconto è a sprazzi, ma lucido, ordinato, come il pacchetto di telegrammi conservato con cura, "perchè io sono sempre stato così, un tipo preciso, tenace, cavalleresco ed ardimentoso" e si capisce dove ha preso, tanti anni fa, l'ispirazione. Del Cancia il figlio della maestra di Buti, che gli disse "Cesare, ricordati, la notte è fatta per riposare" E lui? "Sempre a letto presto, da ottant'anni". Mai andato a ballare, almeno una volta?" "No". E mai sposato. "Chiesi in moglie una ragazza di Buti, ma si era già promessa ad un altro" E' andata così. Come quella volta, "al Giro di Svizzera, anno 1937, quando una ragazza mi invitò a ballare, ma non sapevo da dove cominciare, tornato a casa comprai un grammofono, chiamai un maestro di ballo, ma ci mettemmo a parlare di ciclismo e non se ne fece di niente". Il grammofono è sempre lì, nello studio. In camera, il letto a una piazza. Caffellatte a colazione e a cena. Vive solo da tanto tempo. La sua famiglia è un nipote. "Non sono mai stato fidanzato, che vuole, lavoravo". Nel dopoguerra trasformò un mulino in segheria, per poi aprire un negozio di biciclette. Parla di telai e pedivelle come di un quadro del Masaccio.

PUO' DARSI che ci sia anche lui, sabato prossimo, all'arrivo della Classicissima del centenario. Il viaggio lo preoccupa, non sta benissimo. La voglia ci sarebbe. Anche perchè è stato invitato all'inaugurazione di un monumento in ricordo di Bartali, un busto sul Capo Berta, e non vorrebbe mancare. Nel caso non dovesse farcela, qualcuno a Sanremo si ricordi di Cesare Del Cancia. E della sua vittoria di settant'anni fa.
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